Notizia Vera

L’avvocato di Carola: “Ora quereliamo Salvini per insulti”

I nostri lettori ci chiedono verifica su un articolo pubblicato questa mattina, 5 luglio, su Huffington PostAntonio Gamberini, difensore di Carola Rackete, ha annunciato che verranno presi provvedimenti legali contro chiunque abbia offeso la sua assistita, specialmente il ministro dell’Interno Matteo Salvini.

Antonio Gamberini lo ha annunciato ai microfoni di Radio Cusano Campus durante la puntata delle 10 del 5 luglio (oggi) del programma L’Italia s’è desta.

Lasciamo perdere la propaganda truculenta che la qualifica come delinquente, quella che è abituato a fare il ministro dell’interno in maniera invereconda e irresponsabile, il giudice ha detto che non c’è nulla, che quella condotta è stata nell’ambito di una risposta ad una situazione drammatica che c’era a bordo.

Gamberini riferisce, infine, che esiste già un documento per la querela contro Matteo Salvini:

Come Sea Watch noi abbiamo già preparato la querela nei confronti del ministro Salvini. Non è facile raccogliere tutti gli insulti che Salvini ha fatto in queste settimane e anche le forme di istigazioni a delinquere nei confronti di Carola, cosa che è ancora più grave se fatta da un ministro dell’interno. Nel circuito di questi leoni da tastiera abituati all’insulto, è lui che muove le acque dell’odio. Una querela per diffamazione è il modo per dare un segnale. Quando le persone vengono toccate nel portafoglio capiscono che non possono insultare gratuitamente.

Sul caso di Carola Rackete e sulla disinformazione ampiamente diffusa nelle ultime settimane abbiamo un archivio consistente. Tuttavia, a coloro che si ostinano con la diffamazione consigliamo un ripasso sulla differenza tra imputato, indagato e colpevole, come abbiamo fatto in questo articolo, ma soprattutto a tutte le conseguenze legali qui elencate che potrebbe comportare un uso maldestro della libertà di espressione.

La libertà di espressione, infatti, muore dal momento in cui si sconfina nell’insulto e nelle falsità attribuite all’oggetto della nostra indignazione. Un esempio: al barista possiamo dire che non ci piace il suo caffè, ma se raccontiamo che ha tentato di avvelenarci con la grafite del reattore n. 4 lo stiamo diffamando. Al ristoratore possiamo dire che la sua pizza è troppo salata, ma se lo apostrofiamo con “imbecille” lo stiamo ingiuriando.

Infine, se ai nostri amici raccontiamo che il barista avvelena i clienti e che il pizzaiolo serve ingredienti avariati non stiamo manifestando la nostra libertà di espressione. Stiamo facendo gli stron*i, oltre ad esserlo un pochino di natura.

Ecco, dire che Carola Rackete ha sbagliato è sì libertà di espressione. Chiamarla “tro*a”, dirle di “farsi sco*are dai neg*i” (per poi dire che eravamo ubriachi) non è libertà di espressione: è diffamazione, e costituisce un reato. La libertà di parola non deve essere una scusa per fare gli stron*i.

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