Oggi parleremo dell’antenato degli home computer che tutti hanno dimenticato. Quando infatti si pensa al “primo computer domestico” della storia, alcuni di voi citeranno, scorrettamente, l’Apple I. I più, altrettanto erroneamente, il Commodore 64, ubiquo nelle case di tutti. Qualcuno il VIC20, andandoci più vicino.
Altri? Probabilmente la “Sacra Triade” della “Guerra dell’Home Computing”: l’Apple II, il Tandy-RadioShack 80 e il Commodore PET.
Praticamente nessuno ricorderà che senza il SOL-20 probabilmente niente di tutto questo sarebbe stato lo stesso.
La differenza tra il Microcomputer e l’Home Computer è, storicamente, sfumata. Dicesi “Microcomputer” un elaboratore di (relativamente) limitato costo e ingombro, basato su un PCB (la “scheda madre”) e un singolo microprocessore.
Enorme passo avanti rispetto al Mainframe e il Minicomputer, i “grossi armadi” che ormai vediamo solo nei film di fantascienza che presentano tecnologie “retrofuturistiche” un po’ datate, ma ancora, agli esordi della tecnica, “roba da nerd e hobbisti”.
Nonostante fossero, ovviamente, creati per scopi tecnici, essi furono immediatamente adottati dalla comunità degli hobbisti. In tale veste computer come l’Altair 8800 fu descritto come primo a portare “l’informatica per tutti”.
Un po’ come per la prima industria automobilistica, si parlava di informatica per smanettoni e hobbysti, Parliamo di computer che sostanzialmente dovevi montarti da solo, spesso prendendo in mano saldatore e stagno in kit da assemblare.
Parzialmente meglio andò con l’Apple I, creditato come l’anello di congiunzione tra il Microcomputer e l’Home Computer. Potevi comprarti un Apple I già assemblato da Jobs e Wozniak per 666$, ma restavi comunque col problema di doverti costruire un case e trovarti una tastiera.
L’Apple I, rispetto ai microcomputer dell’epoca aveva un terminale incorporato nella scheda madre.
Se (notare la sfilza di se) ti costruivi un case, ti costruivi un alimentatore o ne smantellavi uno adatto, se trovavi un monitor da videosorveglianza e una tastiera da adattare, avevi un tuo computer.
E qui entra in scena il SOL-20
L’idea alla base del SOl-20 è la stessa che sarebbe stata sviluppata negli Home Computer: qualcosa che non solo fosse (relativamente) meno costoso di un mainframe e più semplice da ottenere ed utilizzare, ma fosse pronto all’uso per l’utente medio e non solo per l’hobbista.
Naturalmente siamo lontani dall’utente medio nel senso odierno del termine. Con un prezzo iniziale intorno ai 1200 dollari, cui aggiungere un monitor, sistema operativo e doppio disk drive fino a raggiungere i 5000 dollari il SOL-20 non era certo alla portata del ragazzino o dello smanettone, ma avrebbe dovuto raggiungere gli uffici.
In un mondo in cui ammesso che un imprenditore avesse mai deciso di usare un Apple I avrebbe dovuto esibire in ufficio un affare autocostruito, il SOL-20 arrivava in un’elegantissima carrozzeria di metallo smaltato e legno.
Certo, potevi comprare un kit anche in questo caso, e il manuale (oltre trecento pagine!) in ogni caso comprendeva non solo lo schema tecnico del computer, ma anche una lista di tutte le componenti anche discrete (ogni singolo condensatore, connettore e integrato) usati e gli strumenti consigliati per assemblarlo e ripararlo.
Ma in questo caso non avresti avuto un case già pronto in legno di noce e metallo smaltato in pieno stile “americana”, peraltro con una qualità di legno che, secondo il fortunato possessore di uno degli ultimi esemplari funzionanti del SOL-20 non è più usata da decenni per un mero “prodotto commerciale”.
SOL-20 deve molto nelle sue origini ai suoi creatori, Processor Technology Corporation, già pionieri nei terminali.
Come l’Apple II (che ne fu ispirato), SOL-20 puntava all’integrazione totale. Aveva un suo chip video, che “sputava fuori” video in bianco e nero mediante composito su connettore UHF (che con un semplice adattatore poteva diventare BNC o RCA, ed essere usato su tutti i monitor delll’epoca), un processore da 2Mhz e condivideva molte componenti col fratello minore SOL-10, un terminale per l’uso coi microcomputer “più convenzionali”.
Quello che rendeva il SOL-20 speciale erano caratteristiche che sarebbero apparse solo nella generazione degli Home Computer.
Inoltre sia il tallone di Achille che una curiosità del SOL-20 coincidono nella sua tastiera. Usata anche in altri computer dell’epoca, era una tastiera capacitiva, come il monitor dei moderni cellulari, i cui tasti premevano delle “spugnette” smaltate con un pezzo di foglia di materiale conduttivo su dei contatti.
Standard “modernissimo” ma abbandonato per i “meno moderni ma più attuali” contatti in grafite su bolle e switch meccanici perché col tempo le spugnette si degradavano polverizzandosi sulla tastiera.
Per i moderni restauratori è possibile comprare nuove spugnette da una ditta in Texas, TexElec, oppure cannibalizzare una delle ultime tastiere ad usare contatti del genere, le Sun.
Il SOL-20 arrivava già pronto ma con quattro slot S-100, usati nei microcomputer precedenti (vedi Altair) come bus di espansione. Al pari di un PC moderno, potevi inserire nuovi controller per periferiche come lettori a nastro, schede di memoria e schede video aggiuntive.
La memoria RAM poteva essere espansa da 8K a 64K: una quantità astronomica, contando che nel 1982 uno dei punti di vendita del Commodore 64 era proprio l’avere, stock, più RAM di quanta ogni altro possessore di Home Computer avrebbe mai avuto senza dover provvedere “in proprio”.
La cosa particolare è ineguagliata in molti altri Home Computer anche successivi era però un piccolo slot proprietario per le cosiddette “Personality Card”.
Oggetti dalla dimensione di una SSD M2 e, sia pur funzionalmente diversi e più affini alle cartucce delle console da gioco, dalla stessa funzione.
Cambiando la “Card della Personalità” si poteva cambiare la “personalità” del SOL-20, ovvero dotarlo di un diverso sistema operativo (in diversi microcomputer installato in ROM) e ottenere un primitivo boot multiplo.
I moduli previsti erano descritti nel manuale come CONSOL, CUTER, SOLOS, SOLED e BOOLOAD.
SOLOS era il modello base, descritto nel manuale col sobrio “consente la piena ed autonoma operatività di computer e terminale”, con una interfaccia di base e la possibilità di caricare programmi e gestire le varie funzioni di input/output (come impostare SOL-20 per ricevere ordini da un terminale o dare ordini ad un altro compute).
CUTER era una variante senza il terminale, ma con maggiore compatibilità con alcuni programmi. CONSOL una versione economica di SOLOS e CUTER col pieno terminale e un insieme di comandi limitati, BOOTLOAD una variante di SOLOS che sostituiva il terminale coi comandi necessari per operare la costosa unità a doppio disco opzionale e SOLED dedicato all’uso come terminale intelligente con controllo di unità a cassette/nastro.
Cambiare “sistema operativo” era semplice come spegnere il SOL-20, estrarre una schedina non più grande di una moderna SSD M2 da uno slot ben visibile sul retro e segnalato da un adesivo che consigliava di spegnere il computer prima di procedere e inserire una nuova personalità.
Sostanzialmente SOL-20 aveva già tutte le caratteristiche della generazione successiva di microcomputer senza essere “anagraficamente” uno di loro, e anche qualcosina in più.
Sempre nel 1977 arrivarono sul mercato i tre primi “veri” Home Computer, il Commodore PET, l’Apple II e il TRS (Tandy-Radioshack) Model 80.
Il PET arrivava col suo bravo monitor preinstallato e BASIC, ma la sua prima generazione aveva una tastiera a “registratore di cassa” scomodissima (a discolpa di Commodore, nel 1977 non esisteva ancora uno “standard unico” per le tastiere: a parte gli hobbisti, nessuno aveva idea di come dovesse essere fatto un PC) ma niente slot di espansione.
L’Apple II arrivava coi suoi bravi slot di espansione e, unendo le intuizioni dell’Apple I a quanto imparato dalla presenza sul mercato di prodotti come SOL-20, con una tastiera, un case in plastica e metallo, un suo alimentatore e la capacità di essere usato coi monitor videocompositi dell’epoca.
Il TRS80 arrivava in soluzione completa ed espandibile.
Il “Trio d’oro” in breve tempo superò e rese obsoleto il SOL-20, lasciando Apple, Commodore e Tandy come i principali venditori di Home e Personal computer sul mercato per tutti gli anni ’80 e la prima parte degli anni ’90.
Complice un mercato in cui Atari si era “sparata nei piedi” con una lunga serie di decisioni e contingenze di mercato sfavorevoli (riassumendo ma brevissimamente e senza pretesa di esaustività: vendendo console e cartucce con l’esclusiva garantita solo dai tribunali fecero in modo che dopo una causa persa con Activision chiunque potesse vendere cartucce per le loro console, si ritrovarono in un mercato delle cartucce in conto vendita inoltrato di giochi pessimi e provare la carta del “sviluppare giochi tratti da film di grido” non funzionò come previsto), era arrivato il tempo per gli home computer di sostituire le console domestiche e diventare non più lusso del “Padre di Famiglia/lavoratore” ma di tutta la famiglia.
Il PET fu presto rimpiazzato dal VIC20, nato come evoluzione “domestica” del PET e dal Commodore 64, entrambi con una vocazione videoludica sbocciata nel C64, e sia Tandy che Apple produssero modelli con una impronta sempre più snella.
Ciò portò SOL-20 ad essere presto dimenticato.
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