La Vespa orientalis a Roma è la notizia della settimana, in una ideale trifecta di segnalazioni a tema animale che abbiamo ricevuto.
Tra squali e coccodrilli, anzi caimani, questa è l’unica notizia vera, ma va precisata per evitare ed arginare distorsioni derivate dall’allarmismo.
Distorsioni che abbiamo già visto negli scorsi anni e sempre a tema entomologico, quando la minaccia del giorno erano gli incolpevoli calabroni.
Questa volta si parla della Vespa orientalis, bestiola che, a dispetto del nome ha sempre fatto parte della fauna Italiana.
A dispetto del nome la Vespa orientalis è un tipo di vespa comune in Italia. Originariamente presente nel Meridione di Italia, ma ricordate cosa dicevamo sul cambiamento climatico?
Ad esempio che esiste, e che tra gli effetti collaterali non c’è solo il riscaldamento climatico, ma un mutamento del clima definibile con una “pseudotropicalizzazione”. Enfasi sullo “pseudo”: qualcosa che tropicalizzazione lo è solo adottando un impreciso linguaggio giornalistico.
Una evoluzione del clima verso eventi estremi, ma anche alterazione dei biomi.
La Vespa orientalis era già stata avvistata in Toscana nel 2021 con un “un progressivo ampliamento dell’areale di distribuzione naturale della specie con una risalita lungo la penisola italiana, probabilmente favorita dal cambiamento climatico e del continuo riscaldamento globale”, con documentati avvistamenti nel Lazio.
Sempre nel 2021 il Museo Naturale di Trieste aveva registrato, oltre ad avvistamenti di esemplari isolati negli anni precedenti quattro popolazioni censite di vespe, legate ad inverni senza gelate successivi.
Era quindi un evento fatale e prevedibile vederne la presenza a Roma. Il che non significa poter parlare di “specie aliena”.
Ma come ricordano i gestori della pagina “Scienze Naturali”, anche parlare di “vespe attirate dai rifiuti” ha poco senso. Stante le condizioni climatiche di cui abbiamo parlato, sarebbero già arrivate, se non sono già arrivate in precedenza per essere avvistate solo adesso.
Siamo dinanzi ad una specie naturalmente presente sul suolo Italiano, che negli ultimi anni (complice il mutamento climatico) si è spostata verso nord.
Specie la cui pericolosità è pari a quella di un comune calabrone, quindi abbastanza bassa.
Non possiamo quindi che rilanciare l’appello.
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