Il ricordo di un’infermiera su Mauro da Mantova è stato raccolto questa mattina, mercoledì 29 dicembre, dall’edizione veneta del Corriere della Sera. La redazione ha intervistato il direttore del reparto di terapia intensiva Enrico Polati e ha riportato anche la testimonianza di un’infermiera. Come già noto, Mauro da Mantova – all’anagrafe Maurizio Buratti, 61 anni – è deceduto il 27 dicembre all’ospedale di Borgo Trento per complicazioni causate dal Covid-19, malattia di cui l’incursore de La Zanzara sottovalutava l’importanza e contro la quale, soprattutto, non intendeva vaccinarsi.
L’articolo con le testimonianze del personale sanitario che ha curato Mauro da Mantova fino al tragico epilogo è disponibile a questo indirizzo sul sito del Corriere della Sera. In primo luogo il primario Polati rivela che Maurizio Buratti è arrivato all’ospedale con un quadro clinico già compromesso, in quanto la saturazione era notevolmente bassa – sul dato del 60% l’ospedale non ha mai confermato – e per questo è stato sottoposto a radiografia. Il risultato mostrava un apparato respiratorio “bianco”, termine che indica uno stato avanzato dell’infezione.
Il paziente era arrivato nel nostro ospedale già in condizioni disperate. Abbiamo fatto di tutto e di più, ma la malattia è stata inesorabile. È rimasto in terapia intensiva 22 giorni.
Per l’intera durata del ricovero, seguendo il protocollo pandemico, l’ospedale è rimasto in contatto con la figlia di Buratti che veniva aggiornata una volta al giorno sulle condizioni del padre.
Il Corriere ricorda che molto spesso il personale sanitario subisce le accuse dei no-vax e dei negazionisti durante i loro ricoveri, molto spesso con insulti e minacce. A tal proposito un’infermiera dichiara:
La spocchia che mostrava in radio è appena il dieci per cento di quella che ha fatto vedere di persona quando è arrivato in Pronto soccorso. Era una persona, e lo abbiamo curato con ogni mezzo. Ma siamo stanchi di essere derisi e insultati da chi deve poi ricorrere a noi quando si trova con l’acqua alla gola.
Sin dall’inizio, infatti, gli operatori che hanno assistito Mauro da Mantova si sono resi conto della difficoltà del caso non solo dal punto di vista clinico.
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