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La Russia chiede settimana lavorativa di sei giorni contro le sanzioni

La Russia chiede settimana lavorativa di sei giorni contro le sanzioni: e siamo subito ad echi della “Fattoria degli Animali”, romanzo distopico di Orwell dove una utopica fattoria basata sull’URSS, governata da dispotici maiali, chiedeva costantemente agli animali sudditi il superlavoro come mezzo per sconfiggere gli umani capitalisti.

La Russia chiede settimana lavorativa di sei giorni contro le sanzioni

“Lavorerò di più”, era il motto del “compagno Gondrano”, cavallo da tiro fedele alla causa venduto poi al macellaio quando vecchio, stanco e ferito per comprare il whisky di cui gli animali sono ghiotti.

“Lavorerò di più” sarà il nuovo motto della Russia del post-sanzioni, che archivia per sempre ogni esperimento sulla settimana corta per passare alla “Settimana Patriottica”, il sabato donato alla Patria, lo stacanovismo unito all’iperpatriottismo.

La Russia chiede settimana lavorativa di sei giorni contro le sanzioni

Sono le stesse agenzie di stampa controllate dal Cremlino, non ci si inganni, a battere con enfasi quasi Orwelliana questa proposta di riforma neostacanovista.

Così l’Avanti Business Club, che si definisce uno dei primi business club in Russia e che fa del patriottismo uno dei suoi motivi di vanto ha lanciato una proposta che si presenta come un colpo al cuore dei precedenti tentativi di introdurre la settimana corta come mezzo per aumentare l’occupazione

“Grazie alle chiare azioni del governo e della Banca centrale, l’economia e la valuta nazionale della Russia non solo hanno resistito al colpo, ma hanno anche dimostrato resistenza allo stress. Tuttavia, allo stato attuale, permane la necessità del nostro sistema finanziario ed economico di ulteriori investimenti”

Scrivono con “enfasi patriottica” gli imprenditori russi chiedendo, di fatto, norme per portare la settimana lavorativa a sei giorni.

Che l’economia russa abbia “dimostrato resistenza” è ancora tutto da vedere, dati gli evidenti impatti sul PIL e l’enorme limitazione delle esportazioni (questo ultimo dato che, di fatto, consegna la Russia alla Cina), come è curioso il fatto che nel volgere di un solo anno si sia passati dal proporre la settimana corta (a marzo del 2022) a invocare lo spettro della Grande Guerra Patriottica e dei lavoratori sovietici pronti a lavorare sei e sette giorni la settimana per la Russia Sovietica

Uno stakanovismo di ritorno che unisce lo Stalinismo alle sanzioni, resosi necessario dall’arrivo dell’undicesimo pacchetto, destinato a bloccare l’importazione parallela di merci occidentali dai mercati che continuano a trattare con la Russia stessa.

Conseguenze totali delle sanzioni (ad oggi)

«Le sanzioni Ue sono un veleno ad azione lenta come quello prodotto dall’arsenico. Richiedono tempo per produrre i loro effetti, ma lo fanno ed è irreversibile». Così ha descritto i loro effetti l’Alto rappresentante per la politica estera dell’Unione europea Josep Borrell, e non possiamo che vederne gli effetti ora.

Nonostante tutt’ora sui social i Vatnik filorussi si ispirino ai roboanti proclami di Putin per cui le sanzioni non avrebbero colpito Mosca ma “il mondo intero”, sembra che alla fine gli effetti stiano davvero colpendo Mosca.

Mentre in Occidente il prezzo del gas ritorna sotto controllo, in Russia scopriamo diverse cose che hanno smesso di funzionare.

Nel fiorente settore videoludico la Russia si trasforma in una nazione di Bender creando il primo “motore grafico autarchico per giochi Russi” (ignorando che dovrebbe convincere i maggiori produttori di schede video del mondo a supportarlo).

Come abbiamo visto, sono spariti i computer occidentali nei negozi, se non di importazione parallela.

Diventa impossibile trovare ricambi per quelli ancora funzionanti, i quali dovranno usare programmi ottenuti tramite pirateria informatica, legalizzata di fatto per ovviare alle sanzioni.

Nel settore automobilistico, le nuove vetture per Vatnik sono ormai “catorci” Euro 0, senza ABS, computer di bordo e antifurto satellitare.

Nel settore audiovideo sono spariti da un anno i film occidentali al cinema, e anche qui si invocano la pirateria, class action per chiedere a Netflix di “riattaccare la spina” ai russi e tentativi di Putin di proporre “Eroi Russi” al posto di Batman.

In economia di guerra il governo si riserva di “prendere decisioni sull’introduzione di speciali misure nella sfera economica”, mentre scarseggiano carta e bottoni e non è più possibile verificare la qualità degli integrati importati dalla Cina, aumentando il numero di prodotti difettosi acquistati

Salterà ancora l’appuntamento con l’Eurovision, ormai per due anni di fila, e l’indotto perirà con esso nonostante si vagheggi il ritorno all’austero Intervision, festival anticoSovietico tratto da un’era di dischi occidentali malamente duplicati su lastre radiografiche e cloni Nintendo made in China e sold in Russia.

Il settore della moda probabilmente non va bene come si crede, date le numerose polemiche solo perché una catena di moda non ha venduto ad un cittadino russo una costosa giacca rientrante nei beni di lusso sanzionati.

E persino la sanità comincia a patire, coi dentisti che lamentano l’assenza di prodotti dentali e anestetici occidentali.

Tutto questo ci porta al quadro del “lavoro patriottico”.

Immagine di copertina: Cattedrale di San Basilio, Biskariot, Canva

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