La Russia cambia idea: il surreale spot per i turisti dopo le restrizioni ai visti prende in contropiede il mondo. E con grande ilarità va detto.
Riscontriamo un trend nella pubblica gestione della Russia dopo le sanzioni inflitte da Unione Europea e USA: prima negare, dichiarando al mondo con fare roboante di poter fare a meno dell’odiato Occidente.
Poi rendersi conto che senza il commercio con l’Occidente la posta in paio non è solo “perdere i McDonald’s“, ma ritrovarsi col mercato dell’automobile azzoppato e costretto a vendere veicoli “euro zero” con la dotazione di una carretta degli anni ’80.
Ma anche ritrovarsi a corto di ricambi per i computer occidentali, con goffi tentativi di cominciare una produzione nazionale in arretrato di generazioni.
Svegliarsi con la necessità di importare un nuovo settore tecnologico dal Kazakhistan, personale dell’IT compreso (e non è uno sketch di Borat, anche se il finale ci va estremamente vicino), con carta e bottoni ufficialmente entrati tra i beni di cui è difficile approvigionarsi e una economia di guerra che va dalla pirateria informatica come mezzo per procurarsi il software necessario all’informatizzazione ad orari di lavoro stabiliti per normativa emergenziale concludendo con immagini pastorali di giovani russi che vagano nei boschi offrendo lamponi agli orsi come alternativa al decadente capitalismo che rischiano di non rivedere più nella loro generazione.
Eravamo quindi ad Aprile: la risposta alle sanzioni che hanno impattato le possibilità dei Russi di dedicarsi al bel turismo in occidente è stata limitare i visti per tenere fuori gli Occidentali “cattivi e nazisti”.
Un po’ come la logica del ragazzino allontanato dalle feste di compleanno altrui che decide dichiarare che non inviterà nessuno dei suoi compagni di classe, per poi finire fotografato su una tavola vuota assieme a mamma e papà.
E col medesimo esito: da Aprile ad Agosto la Russia sembra aver cambiato idea, invitando gli Occidentali a visitare la gemma dell’Ex URSS con toni tali da ricordare i tentativi di Borat di rivitalizzare il turismo e l’immagine del Kazakhistan nell’opera omonima del comico Sasha Baron Coen.
Nel surreale spot di neanche un minuto visibile cliccando qui la Russia viene definita come una nazione “In grado di sopportare migliaia di sanzioni”, piena di “donne bellissime” e priva della “cancel culture” agitata come uno spauracchio occidentale.
Taceremo sul fatto che in Occidente quantomeno non rischi dieci anni di galera per aver chiamato guerra una “operazione speciale di denazificazione”, per concentrarci su come dubitiamo che lo spot possa attirare turisti.
Almeno non turisti privi di un salutare senso dell’orrido.
Una voce rauca e cupa, in una ostentazione di falci e martello, effigi di Lenin e nerborute statue di nerboruti veterosovietici dagli unti muscoli di bronzo elenca una serie di qualità che gli occidentali dovrebbero desiderare dai russi.
Spesso con immagini grottescamente inattinenti a quanto detto dalla “voce”, oppure tali da invertirne il senso.
La “cucina deliziosa” viene infatti raffigurata da una mano che getta spezie prese da un tupperware usa e getta in un pentolino nei boschi e una confettura che stenta a staccarsi da un cucchiaio solido come un arnese del neolitico.
Per non parlare delle “Donne bellissime”: mentre il narratore parla delle “bellissime donne russe” scorrono le immagini stock di bambine visibilmente preadolescenti ed una fotomodella Ucraina, Sonya Kapitonova.
Modella della quale parleremo in un paragrafo dedicato e del perché la sua sola presenza basterebbe a rendere lo spot un involontario capolavoro del “film bruttismo” mondiale.
Andando oltre, tra le bellezze russe viene menzionato il “Cheap gaaaas”, “gas a buon mercato”, pronunciato con la voce compiaciuta di chi sembra di aver presenti le altrettanto tragicomiche proteste troll dei filo-Putiniani Italiani pronti a immortalarsi con fornelli accesi e lodi per il loro leader.
E siamo solo ai primi dieci secondi: il seguito è una sarabanda di statue nerborute, immagini stock di donne seminude in enormi vasche da bagno ancora una volta prese da campagne di trolling, ballerine e, alla voce “trasporti economici” un foodie con la sua biciclettina ondulante e basculante per le strade di Mosca.
Del resto, chi non vorrebbe visitare un paese dove i “valori tradizionali” e la “cristianità” sono espressi da una nonnetta inquadrata da un filtro sfocato e dove l’ospitalità viene misurata in bottiglie di vodka?
Come se l’esibizione di stereotipi non bastasse, ecco che lo spot si chiude con un appello preso di peso dalla Occidentalissima HBO.
Invitando gli occidentali a venire in Russia perché “Winter is Coming”: l’inverno sta arrivando.
Nel domandarci perché dovremmo andare tutti in vacanza in Russia quando potremmo andare sulla Barriera con Jon Snow e ottenere lo stesso effetto, ci interroghiamo sull’opportunità di elencare tra le “donne bellissime” della Russia una fotomodella Ucraina.
Fotomodella il cui scatto è stato comprato da una banca dati online per lo spot.
Lo stesso scatto usato per un video della cantante ucraina Angy Kreyda, chiamato “nemico”. Video nel quale la Kreyda, nei panni di uno degli stregoni nazigay che secondo le fonti russe sono il terrore di soldati e sciamani Russi di buona volontà, scaglia una terribile maledizione contro i Russi.
Maledizione della quale possiamo solo ipotizzare le conseguenze: un video sul trash andante che raffigura la figlia e sorella di due Ucraini coscritti nell’esercito e quindi tecnicamente “nemici”, per invitare i “nemici” a visitare le bellezze di un posto descritto con foto stock di ragazzine, vecchiette sfocate, foodies dall’andatura traballante e fornelli del gas acceso.
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