La Plastic Tax raddoppierà il prezzo dell’acqua minerale
La Plastic Tax raddoppierà il prezzo dell’acqua minerale è un argomento diventato una delle tante cartucce in una campagna elettorale senza tanta esclusione di colpi.
L’acqua è un bene di tutti, ovvio, sacrosanto che lo sia. Quale colpo migliore per l’opposizione da sferrare se non l’immagine di un governo che tassa il bene più prezioso e primordiale?
E l’occasione è la Plastic Tax, che secondo l’opposizione del Senatore Matteo Salvini, leader e capo politico della Lega e vicepremier nel precedente Conte I.
Significa, per esempio, pagare almeno il doppio l’acqua minerale
Sarebbe un problema immenso: se non fosse un dato del tutto ingeneroso. Provato erroneo dai fatti.
La Plastic Tax: la bufala del raddoppio del prezzo
Impugnate però le calcolatrici: almeno nel progetto attuale, la Plastic Tax incide per un totale di un’euro al chilogrammo.
Calcoli alla mano, il viceministro per l’Economia Misiani interviene sulla querelle con un’occhio alla calcolatrice e dirime la questione
La #FakeNews del giorno è di Matteo Salvini, secondo cui con la #plastictax “l’acqua minerale costerà il doppio”. FALSO. L’impatto varierà da 2 centesimi (bottiglia da 0,5 litri) a 3 centesimi (bottiglia da 1,5 litri)
— Antonio Misiani (@antoniomisiani) October 25, 2019
Un raddoppio del costo delle bottigliette d’acqua sarebbe infatti, sempre dati alla mano, giustificato se una bottiglietta da 500ml pesasse 500 grammi… di plastica, piena.
In quel caso, infatti una bottiglietta d’acqua, il cui prezzo oscilla tra i trenta ed i cinquanta centesimi, potrebbe anche raddoppiare.
Ma come tutti sanno, le bottiglie sono vuote, pesano pochi grammi e vengono riempite di acqua da bere. L’aumento quindi potrà oscillare sui due centesimi per la bottiglietta da 500ml e i tre sulla bottiglia da 1,5ml.
Ma attenzione! Ci sono altri fattori che il Sole 24 ha giustamente introdotto nel computo
I dettagli sulla nuova Plastic Tax arrivano dalla viceministra dell’Economia Laura Castelli, nel corso del Forum sulla manovra organizzato ieri dal «Sole 24 Ore-Radiocor». Con un’applicazione automatica dello stesso calcolo, nel 2021 i miliardi potrebbero essere due, perché l’imposta sarebbe applicata per tutto l’anno. Ma la tassa, appunto, mira a frenare l’utilizzo della plastica, per cui alla fine la stima potrebbe essere più leggera.
In ogni caso, l’imposta si applicherà agli «imballaggi», ma con un’accezione del termine piuttosto ampia. Tecnicamente sono infatti «imballaggi primari» anche i contenitori monouso, come le bottigliette di plastica o le confezioni dei più diversi prodotti alimentari e non. Nella loro vita quotidiana i consumatori incontrano poi gli «imballaggi secondari», per esempio la confezione di plastica che avvolge le sei bottiglie di minerale. Sotto i colpi della tassa finiranno poi gli «imballaggi terziari», cioè i grandi contenitori utilizzati dalle imprese per i loro materiali.
Semplicissimo, almeno all’apparenza, il metodo di calcolo. Perché la tassa sarà di un euro al chilogrammo. In questi termini, non è un’imposta esosa; perché è vero che secondo i dati Unionplast il 70% degli imballaggi è «primario», ma una bottiglia, oppure una confezione (i «secondari» valgono il 7% del totale), pesano pochi grammi. In questi termini, allora, l’imposta dovrebbe pesare soprattutto sulle imprese che utilizzano molto materiale plastico nelle loro produzioni. Ma «non è una punizione per l’industria del settore», ribatte Castelli invitando a considerare la mossa all’interno di un quadro più ampio che comprende anche il rilancio e l’estensione in termini ambientali del pacchetto Impresa 4.0.
Ma la semplicità rischia di essere appunto solo apparente. Dal momento che l’imposta nasce con l’obiettivo ufficiale di tutelare l’ambiente, la sua applicazione dovrebbe escludere la plastica riciclata. Oggi, sempre secondo Unionplast, sui 3,11 milioni di tonnellate di plastica utilizzati ogni anno, solo il 10% è riciclato. Ma spesso plastica vergine e riciclata si fondono nello stesso prodotto: e per individuare l’area di esenzione bisognerà fissare la quota minima di materiale riciclato necessaria a. un eevitare di dover passare alla cassa.
L’obiettivo della Plastic Tax
In realtà, l’obiettivo della tassa non è aumentare il prezzo dell’acqua, ma disincentivare l’abuso di imballaggi.
La ratio era la stessa: siccome l’Italiano medio sovente abusava delle bustine “senza manico” per usarle come goffi succedanei delle buste di plastica della spesa, assegnare loro un modico prezzo ripristinava la valenza della norma originaria. Disincentivare il continuo uso di buste di plastica che sarebbero finite abbandonate ovunque incentivando una più sana cultura del riutilizzo e dell’uso di shopper in tela.
Così per la Plastic Tax: un esercente virtuoso sarà invogliato a congegnare imballaggi secondari e terziari meno artificiosi.
Perché, ammettiamolo, ogni volta che portiamo una cassetta d’acqua in casa, buona parte dell’imballaggio finisce nel cestino dei rifiuti trenta secondi dopo l’acquisto.
Ed è un destino comune a tutti gli imballaggi. Guardiamo ad esempio questo documentario prodotto da Rai Educational nel 1999, che potrete guardare cliccando su questa riga o sull’immagine di anteprima che segue
Millennovecentonovantanove: non la Preistoria, ma neppure tempi in cui si poteva sospettare una trama del Governo Conte contro l’Italia Sovrana.
Nel filmato la Stefi, la simpatica bimbetta disegnata dalla penna della mai troppo compianta Grazia Nidasio, discute amabilmente con un imballo di biscotti composto da troppa plastica e troppo cartone, deducendo che tale sfoggio di materiali è assoutamente inutile, dato che presto i biscotti finiranno nel suo stomaco e il barocco imballo nel cassonetto.
Già nel 1999 quindi, e già i bambini delle elementari, si ponevano il problema di disincentivare l’abuso di plastica ed altri materiali destinati al cestino negli imballaggi.
Dal 1999 al 2019 sono passati venti anni: evidentemente la sola educazione scolastica non è bastata. I bambini del 1999 dovrebbero essere ben cresciuti, eppure la situazione descritta dalla Stefi non è migliorata. È solo peggiorata.
E purtroppo, sappiamo come funziona l’Italiano medio. L’abbiamo capito con i vaccini, ne abbiamo avuto la conferma con la querelle sui pagamenti elettronici e sull’evasione fiscale, lo abbiamo visto con le buste di plastica.
Purtroppo se non interviene la forza cogente dello Stato per imporre atti morali, necessari o utili alla collettività, prevarrà il singolo egoismo.
Vi abbiamo più volte parlato dello stato come il Leviatano di Hobbes, un mostro gentile che in cambio dell’esercizio esclusivo della forza promette ai cittadini di difenderli e tutelarli.
Mostro gentile che spesso viene messo nei panni del padrone di casa a cui i bambini maleducati sfasciano ogni giorno tutti i vetri costretto a risolvere la questione urlando
Ora scendo lì e ve lo buco il pallone!!!
Quindi sappiamo che:
- La Plastic Tax esclude la plastica riciclata dal computo
- La Plastic Tax si applica a peso, un euro per chilo di plastica
- A meno che di non comprare singole bottigliette, una confezione da sei è sovente un barocco castelletto di plastiche di ogni tipo
- La plastica riciclata è esente
Va da sè che l’obiettivo non è tassare l’acqua, ma incentivare confezioni meno barocche. Esattamente l’obiettivo descritto dalla Stefi di Grazia Nidasio esattamente venti anni fa.
E va da sè, che, come ogni buon ambientalista sa, comprare una borraccia da 500 ml a 9 euro circa da Decathlon e riempirla a casa da una bottiglia da un litro e mezzo, comporterà un ulteriore riduzione della necessità di plastica al mondo, anche solo riciclata.
Le industrie saranno invogliate ad inquinare meno, mantenendo basso e competitivo il loro prodotto, e l’utente finale ad avere quel quid per comportamenti più moralmente ed ambientalmente corretti.
Una situazione da cui tutti vincono.
Se il nostro servizio ti piace sostienici su PATREON o
con una donazione PAYPAL.