La Libia è un porto sicuro perchè è pieno di bagnanti in vacanza!!
L’idea che si possa demandare ad una cursoria valutazione del turismo locale la sicurezza di un porto, asserendo convinti che la Libia è un porto sicuro perchè è pieno di bagnanti in vacanza ci sembra una bella prova di malafede, se non di plateale disinformazione e assenza di capacità di interpretare un fenomeno.
Per non dire ancora di peggio, perché noi tendiamo a rispettare l’etica giornalistica anche se siamo fact checker e non giornalisti.
Ci pensa VoxNews, coraggiosamente, a rivelarci che Tripoli è un porto sicuro.
Ma non mandando suoi inviati nei centri di detenzione libici, attenzione.
E lo fa, con gli articolisti comodamente seduti nelle loro tiepide case, tra visi amici e cibo caldo, esibendo i Tweet dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni che porta soccorso ai profughi, millantando che se la IOM è lì a portare soccorso allora va tutto bene.
E vorremmo fosse una triste battuta, ma ahinoi, non lo è. Leggete pure per credere perché ci rifiutiamo di riportare tale prova di presunto fact checking su questa pagina.
Perché se questo fosse fact checking, potremmo anche chiudere qui e aprire una retrospettiva sui Terrapiattisti novax per il piano Kalergi che si tengono mano per mano in una Libia porto sicuro.
Ma evidentemente, fact checking non è. Evidentemente è tutt’altro.
Ma andiamo con ordine
La Libia è piena di turisti in vacanza! E’ un porto sicuro
Se sei un turista pagante, probabilmente.
Certo, se tieni conto di disservizi come il bombardamento dell’aereoporto di Tripoli di Aprile, se hai la fortuna ed i danari di andare in una zona marginalmente sicura e lontana dagli scenari di guerra, puoi avere una vacanza economica con qualche disagio. Del resto, anche nell’Italia della Seconda Guerra Mondiale vi erano posti dove si riusciva a vivere un’esistenza felice e tranquilla e magari arrivavano pure dei turisti: ciò non toglie che nel resto dello Stivale si moriva sui campi di battaglia.
E tale è la realtà di tutte le zone calde del mondo: in non tutti i posti di un determinato Stato afflitto da conflitti ed altri problemi del genere si muore.
Non se sei un profugo però, attenzione. Il concetto di porto sicuro, come molte cose nella vita, è relativo al fenomeno che si sta osservando.
Se stessimo parlando di ricchi turisti in Libia, potremmo anche dare retta alle pubblicità locali: del resto nessuna agenzia turistica ti parlerà delle aberrazioni patite da chi turista non è.
Perché dovrebbe interessargli?
Interessa agli Ispettori dell’ONU, che lì ci sono andati di persona. E più volte, dal 2018 ad oggi.
Potrete leggere un rapporto completo di 61 pagine redatto da persone che ripetiamo, in Libia ci sono andate per davvero.
Ma i più pigri tra voi, quelli che evidentemente si contentano di spulciare le figure su Internet e guardandole dichiarare felici che La Libia è un porto sicuro perchè è pieno di bagnanti in vacanza, potranno approfittare della sinossi.
Sinossi dove si parla di omicidi, torture (anche sessuali in danno di minori), abusi, marce della speranza dove in zone di conflitto prosperano illegalità e comportamenti predatori (che ovviamente non colpiranno il ricco turista nelle zone dove l’ordine è garantito, ma il profugo nelle zone rurali) e migliaia di persone detenute senza assistenza legale o di altro tipo.
Che brutto essere un profugo, non trovate?
Dite che i profughi potrebbero darsi al turismo? Allora lo vedete che non leggete, o avete un’opinione del mondo arbitraria e da ragazzino viziato dal troppo lusso e privilegio?
Sì, ma i tweet di quelle persone che li assistono? Allora i Campi Libici sono un posto felice dove tutti hanno cibo e medicine
Se avessi chiesto a Leni Riefenstahl cosa siano i campi di concentramento, ti avrebbe detto che erano luoghi felici dove gli ebrei potevano lavorare e svagarsi.
Ma il punto non è neppure questo. Vediamo uno dei tweet analizzati.
#Libya 11.06.19 At last a bit of dignity! Long awaited humanitarian aid finally reached stranded #migrants @ Sabha ImmDC #MigrantCrisis #TogetherForRescue #Humansmuggling #Frontex #Seenotrettung #LibyscheKüstenwache #SeaWatch3 #flüchtlinge #Refugees #UNHCR #EKD #Europol #EU pic.twitter.com/ZgUkrtewBC
— Migrant Rescue Watch (@rgowans) 12 giugno 2019
Birbantelli! Perché non dite tutte le cose come stanno?
Ad esempio che, secondo IOM, l’Organizzazione Internazionale per i Migranti andata a portare soccorso ai profughi, la Libia è inondata dalle lacrime delle decine di migliaia di migranti che si sono messi in viaggio alla ricerca di una vita migliore.
E dubitiamo siano lacrime di gioia ed allegria perché, citando VoxNews, sono felici su spiagge piene di moto d’acqua.
Vi lasciamo con le parole dell’IOM
In Libia si stima che vi siano circa 700.000 migranti: decine di migliaia di loro sono vittime di terribili sofferenze causate da trafficanti senza scrupoli. Gli abusi su coloro che si trovano trattenuti contro la loro volontà in condizioni misere e disumane rappresentano una macchia sulla nostra coscienza.
Sono stato il primo direttore di un’Agenzia delle Nazioni Unite a recarmi nel paese da quando Muammar Gheddafi fu deposto nel 2011. Ho avuto la possibilità di incontrare alcuni dei circa 5.000 migranti trattenuti arbitrariamente nei centri di detenzione gestiti dal governo. Le storie strazianti di queste persone, dai racconti del loro viaggio verso la Libia alle descrizione della loro penosa e ingiusta detenzione, hanno lasciato un segno indelebile su di me.
Il loro calvario inizia prima di raggiungere la Libia: gli africani sub-sahariani viaggiano attraverso mille e più chilometri di deserto in pessime condizioni, su camion aperti e con pochissimo cibo e acqua. Innumerevoli testimoni hanno raccontato di aver visto amici abbandonati e lasciati a morire dopo essere caduti dai camion.
Una volta passato il confine e caduti nelle mani dei trafficanti, comincia per loro un nuovo incubo. C’è chi ha riferito di percosse e stupri sistematici, mentre altri hanno visto persone lasciate a morire di fame o uccise a colpi di pistola.
L’Agenzia di cui sono a capo si occupa di salvare le vite dei migranti. Nel corso di molteplici incontri ho chiesto a diverse autorità libiche di fare tutto ciò che è in loro potere per impedire che i migranti vengano raggruppati e confinati in centri di detenzione dove sono privati della libertà e della dignità. Ho anche richiesto ripetutamente che siano create alternative ai luoghi di detenzione e che sia fatta luce sulle responsabilità per gli abusi perpetrati contro le persone trattenute in questi centri.
Le relazioni con le autorità libiche sembrano dare risultati: sono lieto di riferire che sette dei più dei 30 centri di detenzione ufficiali per migranti presenti in Libia sono stati recentemente chiusi.
Nonostante questo progresso, l’OIM richiede che tutti i centri di detenzione – ufficiali e non – siano chiusi e sostituiti da centri aperti, dove i diritti umani fondamentali dei migranti siano rispettati. Siamo pronti a fornire il necessario supporto alle autorità libiche per rendere questa prospettiva una realtà.
Ma che sia chiaro: lo sfruttamento di migranti non è una questione che riguarda solo la Libia.
Un eterno ottimismo è ciò che continua a spingere i migranti a intraprendere il viaggio – lo stesso ottimismo che rende i migranti, dovunque essi si rechino, un impulso fondamentale per la crescita economica dei paesi di destinazione. Ma per chi attraversa la Libia l’ottimismo troppo spesso si trasforma in una trappola mortale.
Nonostante l’evidenza schiacciante che il viaggio possa essere intrapreso invano, i migranti partono lo stesso. Il cambiamento climatico, la povertà e le persecuzioni spingono molti a migrare, ma sono numerosi anche coloro che intraprendono il viaggio attirati da false promesse. I Social Media diffondono foto di migranti che all’apparenza vivono agiatamente in Europa, mentre “app” di messaggistica forniscono canali segreti attraverso i quali i trafficanti organizzano i viaggi. Questa pratica si sta sviluppando in modo allarmante.
I peggiori abusi sono perpetrati da chi cerca di ricavare un profitto dal business lucrativo del traffico di esseri umani. Queste persone non dimostrano alcuna pietà nel ridurre i migranti in schiavitù o nel torturarli a scopo di estorsione.
Qualche mese fa l’OIM ha richiamato l’attenzione sull’episodio di alcuni trafficanti che hanno organizzato una diretta su Facebook per mostrare le immagini di circa 75 migranti trattenuti e torturati in una cella. Brevi video sono stati inviati attraverso piattaforme di messaggistica sui telefoni cellulari, al fine di tormentare le famiglie distanti migliaia di chilometri.
Sfortunatamente è difficile identificare queste organizzazioni criminali e agire su coloro che compiono questi atti. Per questo chiediamo ai “giganti” dei social media di impedire che le loro piattaforme diventino strumenti per lo sfruttamento di persone.
Molti migranti detenuti vogliono solo tornare subito a casa e spesso solo l’OIM può aiutarli. Infatti, nell’arco di questo solo anno, l’OIM è riuscita a far ritornare a casa oltre 10.000 migranti bloccati in Libia: molti di loro avevano passato mesi, o anche anni, nei peggiori centri di detenzione. Dal 2015, abbiamo organizzato voli per in 30 paesi, per un totale di 13.530 uomini, donne e bambini.
La chiusura di tutti i centri non è ancora una realtà, quindi per salvare vite bisogna essere pragmatici: occorre fornire una via d’uscita dall’insostenibile incubo della detenzione, aiutando le persone a tornare a casa e allo stesso tempo proteggere coloro che sono ancora rinchiusi.
Oggi, in Libia, il coraggioso personale dell’OIM sta lavorando tra mille difficoltà per far sì che le condizioni dei migranti possano raggiungere standard minimi di sicurezza e igiene, e per far questo si occupano anche di installare appropriati sistemi di servizi igienici e di depurazione dell’acqua, di riparare le pompe delle fognature e i cavi elettrici nonché di fornire sistemi di ventilazione e di riscaldamento dell’acqua.
Chi si trova in questo momento in detenzione ha poca scelta ed è soggetto a stress estremi, ma può comunque prendere decisioni consapevoli che possono salvargli la vita.
Al momento, l’assistenza ai ritorni umanitari volontari dell’OIM è una delle poche soluzioni umane praticabili per coloro che si trovano nell’incubo libico. Possono decidere di tornare a casa attraverso un processo libero e informato, con tutele istituzionali. E possono ritirare la richiesta in qualunque momento – come d’altronde a volte capita.
E invitiamo chi volesse smentire le Nazioni Unite e l’IOM di spegnere il computer, procurarsi un biglietto aereo e partire.
Ma non per andare in un comodo resort: per entrare in quei centri di detenzione privi di acqua potabile, servizi igenici, fognature funzionanti e i servizi minimi per il mantenimento della civiltà, seguendo gli inviati dell’IOM per portare soccorso a quelle anime in pena.
Sempre se li facciano entrare. Sempre se abbiano voglia di sfidare le difficoltà e almeno provino a farlo.
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