Di Maio lascia il Movimento 5 Stelle, e questa è la notizia del giorno. Così notizia che ha fatto il giro della stampa nazionale arrivando fino alla vicina Svizzera.
Lunghi anni sono passati da quando il Movimento 5 Stelle si era prefisso di “fare boom” e “aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno”. Il botto c’è stato, anzi una forte deflagrazione.
La scatoletta di tonno è stata aperta: ma anche consumata.
Dovevamo necessariamente scegliere da che parte stare della storia, con l’Ucraina aggredita o la Russia aggressore. Le posizioni di alcuni dirigenti del M5s hanno rischiato di indebolire il nostro Paese», ha affermato Di Maio, incontrando la stampa all’Hotel Bernini di Roma.
«In questi mesi la prima forza politica in Parlamento aveva il dovere di sostenere il governo senza ambiguità. Abbiamo scelto di fare un’operazione verità, partendo proprio dall’ambiguità in politica estera del M5s. In questo momento storico sostenere i valori europeisti e atlantisti non può essere una colpa», ha aggiunto.
Secondo Di Maio, «nessuno ha intenzione di creare una forza politica personale, ci mettiamo in cammino. Partendo dagli amministratori locali. Dovrà essere un’onda con al centro le esigenze territoriali. Non ci sarà spazio per l’odio, populismo, sovrani ed estremismi». «Faccio parte del governo e credo che l’operato di Draghi sia un orgoglio e continueremo a sostenerlo con lealtà e impegno», ha poi puntualizzato.
Questo il discorso del Ministro degli Esteri, che complice la complessa situazione geopolitica creata dalla guerra in Ucraina e i veleni di palazzo, ha compiuto il fatale passo.
Passo ancora in fieri. Quale direzione prenderà il Ministro non è ancora dato saperlo.
Sappiamo che ad un certo punto della sua storia politica Di Maio ha detto basta: evidentemente trovarsi pubblicamente censurato, quasi sconfessato dal suo stesso partito è stata la goccia che ha fatto traboccare un vaso pieno di conseguenze per la politica nazionale.
La prima “chiamata” comprende sessantuno parlamentari, cinquanta alla Camera e undici al Senato pronti a seguire Di Maio nella sua nuova avventura.
Fra questi ci sono cinque degli undici fra sottosegretari e viceministri in quota Movimento.
Parliamo ovviamente di numeri che lo stesso Sole 24 indica come provvisori: non solo in questi casi si applica la teoria politica “dell’ultima tessera del Domino”, quella secondo cui chiunque vada via da un gruppo coeso si poterà supporter e alleati (quindi potenzialmente rendendo ognuno dei “trasferiti” uno sponsor e modello per chi volesse seguire il suo esempio) ma lo scenario politico dei ballottaggi di questa settimana potrebbe stimolare defezioni o spinte conservative a seconda del suo risultato.
Il Movimento perderebbe un quarto dei suoi eletti, e l’impatto sulla sua tenuta e immagine potrebbe essere dirompente.
Tra il fuoco incrociato di ormai ex sostenitori e supporter, accuse di cambio di casacca e critiche sull’ormai passato Movimento duro e puro dei due mandati, la stagione politica che si apre è del tutto nuova.
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