Approfondimento

La fabbrica del fake: come ti creo il bot

Sulla Fabbrica del Fake ne abbiamo parlato. Ricordate? Sulla pagina di Bufale.net e sul nostro account Twitter abbiamo anche creato un sondaggio.

Sondaggio secondo il quale anche voi avete avuto contezza che qualcosa su Internet non funziona.

Almeno il 90% di voi si sono imbattuti in profili dal leggendario volto buono di una persona di famiglia, volti mai visti prima di sorridenti anziani, solari madri e padri di famiglia con bimbi altrettanto sorridenti nell’album fotografico.

Inesplicabilmente rissosi, battaglieri e oscillanti tra l’utente ben istruito su come funziona il web e pronto al trolling combattivo alla Napalm51 di Crozza, oppure autentici dischi rotti pronti ad apparire sotto ogni tweet o thread contenente il nome del politico di turno o la parola chiave del momento per appiccicare bercianti messaggi di stima sempre uguali.

Oppure tutti in coda sotto il post-truffa del momento, pronti a spergiurare di aver appena ricevuto un iPhone a 1 euro personalmente consegnato dalla buonanima di Steve Jobs rediviva o di aver ottenuto una fornitura a vita di Nutella consegnando ad un anonimo tizio nomi, cognomi e numeri di telefono di dieci amici.

Spesso redatti con evidente mimesi del linguaggio della “gente semplice”. Corti, sgrammaticati, entusiastici.

Qualcosa indubbiamente non va

Un tempo era facilissimo individuare un profilo fake. Scaricando quei volti sorridenti su Google Images, si scopriva invariabilmente che erano le immagini di sorridenti modelli e modelle su siti di immagini stock gratuite, come Pixabay. Si scopriva che l’improbabile giovinotto povero come la povertà stessa che grazie ad un messaggino online era diventato un seduttore miliardario a Dubai non era mai esistito, e la sua foto era stata presa altrove.

Si scopriva che l’arzillo nonnetto ben educato e sorridente pronto a minacciarti di morte se avessi criticato la sua linea politica e a spergiurare che sarebbe arrivato a casa tua per uccidere a mani nude i tuoi figli come un Rambo della Terza Età poteva essere ritrovato nella raccolta di memes del “Sorridente Harold”, anziano modello ungherese le cui immagini dal sorriso buono e i malinconici occhioni blu sono state usate per creare un personaggio incline a nascondere il dolore di una vita di tristezza sotto un dolce sorriso.

Oppure a comprare iPhone a un euro e minacciarti di morte il cane, dipende da chi ne scaricava la foto per le sue creazioni.

Ma qualcosa è cambiato: e spesso cercando quei volti su Internet non li trovi più.

Cosa è successo? La tecnologia marcia, e abbiamo strumenti tecnologici perfezionati che possono creare volti perfettamente convincenti.

Ti serve una combattiva nonnetta pronta a difendere fino alla morte l’Uomo del Destino che salverà la Patria dalle plutocratiche nazioni del mondo?

Una ragazzina insolitamente ciarliera e pronta a lanciarsi come celebrità di Internet raccontando aneddoti della sua esistenza a sconosciuti senza alcuna ritrosia? Un bell’uomo pronto a giurare di aver ottenuto 500 chili di Nutella per 50 centesimi?

Apri una pagina Internet, fai partire un programma e pem! Un esercito di fantasmi virtuali al tuo comando sarà pronto a eseguire ogni tuo sordido desiderio.

Le contromosse, come battere la fabbrica del Fake

Ma la fabbrica del Fake non è (ancora) perfetta.

Evidentemente: Facebook se ne è accorto, e di tanto in tanto anche un migliaio di profili per volta spariscono.

Come, riporta Wired, 900 profili di ultraconservatori inesistenti pronti a combattere la loro battaglia politica nello stile già lanciato dalle fabbriche del meme: una flame per volta.

Naturalmente creare una persona inesistente per mandarla in giro a flammare per la Rete, secondo i portavoce di Facebook ne viola le regole.

Ovviamente

Ovviamente.

Ma ecco che proprio la perfezione assoluta della fabbrica del Fake è il suo punto debole.

Come ci rivela Matteo Flora, che qui ringraziamo per la sua opera, il volto ricostruito è sempre perfetto nella sua imperfezione.

Simmetrico, gli occhi sempre ben allineati di foto in foto, minori aberrazioni sullo sfondo che mistificano volti perfetti e tutti dalle simili proporzioni.

C’è una scena nel famoso film L’Uomo Bicentenario, in cui il robot Andrew Martin, interpretato da un magistrale Robin Williams, chiede ad un brillante ricercatore di trasformarlo in un androide, un robot in grado di simulare l’aspetto e le funzioni di un essere umano.

Il duo comincia dallo scolpire un nuovo volto per il robot (il volto di Robin Williams, non a caso…), e decidono di non crearlo perfetto, ma un po’ asimmetrico, solcato da rughe, non bellissimo ma simpatico, non simmetrico ma un po’ “alla carlona”, lasciando nella pelle sintetica macchie, rughe e smagliature.

Un bot, come peraltro ci ha dimostrato Matteo Flora, non ha ancora i mezzi per arrivare a tutto questo: usa le stesse algide “realistiche” proporzioni per ogni volto.

Oltre che, come abbiamo visto, lo stesso propagandistico linguaggio.

La fabbrica del fake esiste: l’importante è saperla identificare.

E diffidare di profili curiosamente “vuoti” di persone curiosamente “perfette” pronte a postare con assoluta monomania.

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