La direttiva Casa Green infiamma il dibattito: rotta classe E
La direttiva Casa Green infiamma il dibattito, e ne avevamo avuto le prime avvisaglie quando una diffusa fake news ne dava il lancio per il 14 Dicembre ormai trascorso.
Come avemmo modo di dire all’epoca, la discussione prosegue a passo lento, sia pur con una moderata accelerazione di cui non vedremo però gli effetti prima del 2030 in ogni caso.
La direttiva Casa Green infiamma il dibattito
Dal 2030 in poi l’obiettivo che si prefigge UE è “fit for 55”, ovvero pervenire ad un taglio delle emissioni di CO2 pari al 55% del valore registrato nel 1990.
Dal 2030 l’obiettivo per l’edilizia privata secondo quanto esplicato da Bruxelles sarebbe
«gli edifici dovranno consumare poca energia, essere alimentati per quanto possibile da fonti rinnovabili, e non dovranno emettere in loco emissioni di carbonio da combustibili fossili»
Di fatto significa portare tutti gli edifici almeno alla classe E, su una scala che va da A a G.
Cosa accadrà fino al 2030 al momento è imprevedibile, data la selva di emendamenti che si avvicina per limarne i contenuti. Astrattamente, si dovrebbe salire in classe D nel 2033 e in zero emissioni nel 2050, obiettivi oggettivamente complicati da raggiungere.
L’iter legislativo comincerà però solo il 24 gennaio, se tutto andrà bene (dato non del tutto scontato) a marzo dovremmo avere una direttiva europea che dovrà essere recepita dagli stati.
Ricezione che, al momento, si presenta senza sanzioni: sarà il singolo stato, secondo suo giudizio, a dover decidere sull’apparato sanzionatorio.
Punti di problematicità
Perché dunque in Italia la discussione già si infiamma?
Potrebbe influire il fatto che secondo il monitoraggio Enea-CTI sugli attestati di efficienza energetica (APE) degli edifici a uso abitativo italiani il 75,4% rientra nelle classi E, F, G, con la fascia bassa che occupa il 35,3%.
L’edilizia italiana è vecchia e scarsamente rinnovata, con molti edifici prodotti quando sicurezza sismica e risparmio energetico erano ancora concetti astratti.
Da un lato dunque è innegabile che gli effetti del cambiamento climatico richiedono attenzione, e che pagine recenti della cronaca nera italiana ci ricordano quanto un parco immobili aggiornato sia concretamente utile.
Dall’altro lato sia Governo che Confedilizia temono per le tempistiche: il 2030 non è esattamente vicino, ma con più della maggioranza degli immobili in stato desueto, si pongono domande sui costi della transizione.
In ogni caso, vedremo a marzo cosa accadrà.
Se il nostro servizio ti piace sostienici su PATREON o
con una donazione PAYPAL.