Ah, l’estate! Il mare, le granite alla menta, i “nuovi amori da piazzare sotto il sole”, la prova costume… aspettate, in questo quadro idilliaco non notate anche voi una nota stonata? Quanto è frequente, con l’avvicinarsi della bella stagione, sentir parlare o leggere nelle riviste rivolte ad un pubblico prettamente femminile, di questa fantomatica “prova costume”? Per chi non lo sapesse si tratta di un vero e proprio test della fisicità da affrontare e superare prima di poter accedere alla spiaggia, che spaventa manco fosse l’esame di diritto privato, in cui hai speranze di arrivare al 30 quanto più riesci ad avvicinarti a standard fisici inarrivabili e, spesse volte, inesistenti perché creati al computer (vi dice niente Photoshop?).
Ma la prova costume è solo uno dei tanti “effetti collaterali” della cosiddetta “Diet culture” (lett. cultura della dieta) nella quale siamo immersi praticamente dalla nascita, i cui strascichi li portiamo dietro per l’intera durata della nostra esistenza. Cosa sia la “Diet Culture” lo chiarisce bene Christy Harrison nel suo blog, io qui mi limiterei a tradurre e a commentare i punti fondamentali che la caratterizzano:
Piccolo disclaimer: “Diet Culture” non significa “essere a dieta”, perché per uniformarsi a questo modo di pensare non è necessario seguire alcun tipo di dieta.
Nei social l’approccio all’argomento risulta sdoppiato: da un lato è possibile trovare profili di diversi attivisti che cercano di sensibilizzare, di giorno in giorno, le persone sull’argomento diet culture/fat shaming, dall’altro c’è chi marcia su questa cultura che siamo noi stessi a creare, con i nostri discorsi oltre che con le nostre scelte alimentari. A qualcuno, infatti, fa molto comodo alimentare questo stato di cose, fa molto comodo che le donne, in particolar modo, si dedichino così tanto al loro aspetto e al dimagrimento, fino al punto di spendere un sacco di soldi per raggiungere questo obiettivo. Il punto non è se sia giusto o meno dimagrire, ma questo non può e non deve diventare un tarlo fisso accompagnato dall’idea che più sei magro, più sei cool agli occhi degli altri.
Ci sono alcune aziende che hanno fatto fortuna grazie alla diet culture, piazzando sul mercato integratori miracolosi sostitutivi dei pasti nonché thè dimagranti venduti a prezzi esorbitanti dal momento che vengono fatti sponsorizzare da influencer più o meno noti. È con estrema amarezza che vi dico che l’obiettivo ultimo di queste aziende è il nostro denaro e non, ahimè, la salvaguardia della nostra salute. Per arrivare a questa conclusione non è necessaria un’indagine basata sul complotto condotta da Adam Kadmon ma basta notare che, nonostante il thè sponsorizzato dalla tizia appena uscita da Uomini e Donne abbia le stesse proprietà dimagranti del Thè Infrè che troviamo al supermercato, il prezzo del primo oscilla tra i 30 e i 70 euro mentre per il secondo bastano 5 euro. In secondo luogo, posto che qualcuno voglia dimagrire seriamente, a chi si sta affidando per farlo? Ad una influencer? Ad una casalinga che ha trovato un modo facile e veloce per guadagnare online diventando “manager” e che bombarda i suoi contatti ogni giorno con tips motivazionali preconfezionate dove ci dice quanto sia meravigliosamente cambiata la sua vita da quando assume l’integratore X ad ogni pasto? Affidarsi a gente incompetente per dimagrire equivale ad affidarsi a Giucas Casella per problemi di udito anziché rivolgersi ad un otorino. Se così non fosse non esisterebbero le categorie professionali di dietisti e biologi nutrizionisti.
Proprio perché voglio trattare l’argomento come merita, e cioè in maniera seria, ho chiesto a riguardo spiegazioni alla dott.ssa Maria Rosaria Silvestri, biologa nutrizionista, che ha gentilmente risposto ad alcuni miei quesiti.
Concluderei agganciandomi all’ultimo punto chiarito dalla dottoressa invitando chiunque a diffidare dalle parole provenienti dai ciarlatani di Instagram che, prendendosi gioco delle insicurezze altrui, cercano di spillare denaro, o dalla dieta a base di mela verde che trovate sull’ultimo numero di una rivista generalista. Se davvero si sente il bisogno o si ha necessità perché ci sono patologie alla base, di un cambiamento fisico più o meno importante, la prima cosa da sapere è che si tratta di un percorso per il quale serve molta motivazione in quanto può durare molto tempo, per affrontare certi tipi di cambiamenti si mettono in moto dei processi psicologici oltre che fisici e, per queste ragioni, è necessario un tipo di supporto e un’assistenza che solo un professionista serio sa e può dare.
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