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La beffa di Sokal: contro il relativismo culturale una supercazzola per volta

La beffa di Sokal è uno stretto parente delle supercazzole del Conte Mascetti, il noto personaggio di Amici Miei: dimostra che si può dire il nulla, ma dirlo assai bene in modo da trarre in inganno quel genere di uditorio che si aspetta che tu dica qualcosa in un certo modo, e non importa esattamente cosa.

La beffa di Sokal: contro il relativismo culturale una supercazzola per volta

Nel caso di Alan Sokal, scopo della supercazzola era denunciare la pigrizia intellettuale di alcune riviste scientifiche, specialmente se non sottoposte a revisione paritaria o munite del doveroso impact factor. Sostanzialmente, trovata la chiave ideologica alle spalle del pensiero degli editori, bastava solleticarla ripetutamente come “il dito che stuzzica” del Conte Mascetti per ottenere onori e pubblicazione.

La beffa di Sokal: contro il relativismo culturale una supercazzola per volta

Sokal scelse dunque la rivista accademica “Social Text“, politicamente orientata verso una matrice progressista, femminista e post-modernista, con un orientamento sociopolitico quindi assai trasparente e prevedibile, cosa importante per la scelta dell’argomento e del modo di esprimerlo.

Tirò fuori dal cilindro della storia quindi un brano titolato “Trasgredire i confini: verso un’ermeneutica trasformativa di gravità quantistica” il cui scopo, riassumendo il nulla estremo contenuto nel testo in una formula basata sulle intenzioni comunicative anziché sulla supercazzola finale era dimostrare come la cultura postmoderna, femminista e progressista rendevano necessario riscrivere le stesse leggi della fisica quantistica, dell’algebra e della matematica prediligendo la meccanica dei fluidi alla “virilità mascolina dei solidi” e invocando l’intervento dei “matematici socialisti” per riportare l’eguaglianza nell’algebra, nonché proporre di piegare le stesse leggi della fisica ad un’ideologia progressista, femminista e socialista cancellando la realtà oggettiva per consentire alla politica di rinnovarsi.

Ad un occhio esperto il testo di “Trasgredire i confini” si sarebbe palesato esattamente per quello che era: un triste ammasso di strafalcioni che suonavano benissimo, una “chiamata alle armi” dal senso pari al grido del ragazzino che propone di abolire la forza di gravità per referendum per volare nei cieli sbattendo con forza le braccia. Però, in assenza di un controllo approfondito, suonava abbastanza bene per essere presentato come un esempio di trasgressione e superamento dei confini culturali, ed essere poi smentito dallo stesso autore tre settimane dopo infliggendo una sonora bastonata alla reputazione della rivista accademica stessa.

Una bufala? Più che altro un esperimento sociale che ci mette in guardia dal pregiudizio e dalla qualità intrinseca delle pubblicazioni.

Non tutte le pubblicazioni nascono uguali

Abbiamo già visto in passato il problema della “stampa predatoria”: nessuna peer review, nessun controllo sui contenuti, basta pagare o, nel caso di Sokal, aderire ad una “linea intellettuale” e puoi farti pubblicare qualsiasi cosa.

Nel 1987 un certo William Hoover ad esempio aveva l’enorme problema di non riuscire a far prendere sul serio le proprie pubblicazioni. Lo risolse inventando la collaborazione e l’approvazione di un “famosissimo scienziato Italiano”, il Dottor Bestiale.

Il cui nome per esteso era Stron*o. Stro*o Bestiale, brillante perito di fisica e chimica.

Recentemente, in tempi di Pandemia, un ricercatore è riuscito a dimostrare i danni delle riviste predatorie e del complottismo assieme ottenendo la pubblicazione di un testo che collega l’apparizione e la diffusione di COVID19 al consumo alimentare dei Pokémon, le creature virtuali di una nota saga di videogames e cartoni animati, scritto a sei mani con due dei personaggi della serie animata usando come fonte altri due, Jessie e James dello strampalato “Trio Rocket”.

Nel 2017 James Lindsay e Peter Boghossian, professore di Filosofia alla Portland State University crearono una “beffa di Sokal 2.0”, ottenendo la pubblicazione su una rivista di “studi sociali” di un testo che dimostra che il pene è causa del riscaldamento globale, causa dello stupro, della discriminazione sessuale e razziale e di tutti i problemi di genere dell’umanità e dintorni.

Tutto questo per dimostrare come la scienza non ammette preconcetti e “moralette pronte”.

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