La battaglia del Pesto di Rana impazza sui social. Perché diciamolo, complice anche una certa informazione che ci cavalca i social senza lite non possono stare. Abbiamo cominciato ieri con l’assurda “battaglia di Paestum” contro Luca Bizzarri e siamo finiti alla Battaglia del Pesto contro Giovanni Rana.
Comincia tutto con sette tonnellate di Pesto sequestrate, a marchio Giovanni Rana, provenienti dagli USA per una catena di supermercati statunitense etichettato come “Fatto con Basilico 100% DOP”. Attenzione, la parte importante è questa
(in una versione precedente del testo era stato riportato “Pesto 100%. ci scusiamo dell’errore)
Tanto è bastato ai social per cominciare una battaglia etno-pesto-sovranista e bollare il buon Giovanni Rana come un improbabile traditore della Patria, o almeno del verde del Tricolore.
Nell’Italico costume che prima giudica e poi, forse, aspetta i riscontri della magistratura.
Quello che sappiamo è che insiste un provvedimento cautelare. Qualcosa che ricordiamo arriva prima delle indagini per cristallizzare una situazione.
Da un lato abbiamo sette tonnellate e 184 chili di pesto – destinate ai mercati di Spagna e Francia – che il 27 gennaio scorso sono stati sequestrati al porto di Genova dagli ispettori del ministero della Salute. Il problema è proprio l’etichehtta, come riporta il Corriere «Basil pesto 100%-Imported italian dop genovese basil». Vale a dire: «Pesto di basilico cento per cento- Basilico italiano genovese dop importato». I funzionari del porto di Genova si sono focalizzati su quel «basilico italiano genovese dop», che – hanno pensato – avendo la dicitura di denominazione di origine protetta di certo negli Stati Uniti d’America non può essere prodotto. Da lì il sequestro.
La risposta dei legali di Giovanni Rana è arrivata mentre i Social già prendevano torce e forconi:
«Pastificio Rana, attraverso la propria controllata americana Rana Meal Solution, produce pesto per il mercato americano utilizzando esclusivamente Basilico coltivato in Liguria con certificazione Dop ottenuta dal Consorzio di Tutela del Basilico Genovese Dop. L’etichetta del prodotto in questione, infatti, riporta la dicitura “100% Imported italian basil Dop” e il bollino di certificazione del Consorzio di Tutela del Basilico Genovese Dop».
Si tratta dunque di Basilico genovese inviato in una filiale americana per essere usato in un prodotto, il pesto Kirkland, distribuito come “prodotto a base di basilico Italiano” per il mercato estero, con lo scalo in Italia solo una tappa di un lungo viaggio che porta un prodotto americano ma a base di basilico Italiano in giro per il mondo.
E allora a questo punto si aspetta il giudizio di merito: siamo ai cautelari, difesa e accusa hanno scoperto le carte, ora tocca ai giudici. Non a noi, non ai social.
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