Una ultim’ora nella notte: colpito istituto ricerca nucleare a Kharkiv, Kiev.
Letteralmente, non c’è due senza tre. Non stiamo parlando di allarme nucleare, anche se non possiamo neppure biasimare la popolazione che ormai vive in allarme da mesi.
Ma esiste un filo conduttore che lega il raid russo a Kharkiv la presa della centrale nucleare di Zaporizhzhya, i timori per Chernobyl e le bombe sull’Ospedale Pediatrico di Mariupol.
Ci pesa dirlo, ma siamo di fronte ad una guerra che è lontana anni luce da una “semplice operazione speciale”, o anche solo dal rispetto di convenzioni che prevedono gli obiettivi civili indenni.
Gli obiettivi civili possono e spesso sono colpiti. I luoghi della salute, dell’energia, della cultura vengono spazzati via.
Per i civili restano solo freddo, fame, bombe e morte.
Nessuno ha mai detto che la guerra sia un affare pulito, ma questa sembra riportarci indietro di decenni nell’orrore.
Come al solito parliamo di danni in corso di accertamento.
L’AIEA, Agenzia internazionale per l’energia atomica, è già all’opera per le necessarie ispezioni sui campi di guerra. Riteniamo prematuro parlare di allarme nucleare.
Ma maturi i tempi per dire che spesso sentiremo parlare di Raid Russi, e sempre col cuore in gola e sapendo che in questa guerra nessun obiettivo è “sacro” e “intoccabile”.
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