In Russia mancano i programmatori. Avevamo già visto come latitano anche i computer, il software e la possibilità di importare nuovi mezzi di produzione.
Nell’attuale ecosistema russo la sparizione dal mercato di Intel e AMD ha lasciato un vuoto difficilmente colmabile nelle infrastrutture.
I server sostanzialmente prima o poi si romperanno: e non potranno essere sostituiti.
I candidati alla sostituzione di Intel e AMD sono lenti e inferiori per prestazioni, e non è detto che la Cina voglia venderli (anzi). La produzione interna è messa ancora peggio: la cosa più gentile che si possa dire dell’attuale generazione di Elbrus è che “almeno esistono”. Citazione praticamente letterale.
Calano con le sanzioni i computer sul mercato interno. Ma cala anche il software: con Microsoft e gli altri operatori del mercato fuori dai confini nazionali, secondo la rivista russa Komersant, la Russia da Marzo, sin dai primi pacchetti di sanzioni, ha in discussione l’applicazione dell’articolo 1360 del Codice Civile Russo.
Articolo che rende possibile al governo impossessarsi di marchi e brevetti altrui in tempi di necessità senza alcun consenso o remunerazione all’autore.
Ma c’è un problema ulteriore: in Russia mancano i Programmatori.
Secondo Igor Zubov, Viceministro degli Interni Russo, mancano 170.000 programmatori all’appello.
Parte di una lunga serie di comunicati, tradotti e censiti da CEPA, secondo cui dall’inizio del conflitto un esodo avrebbe portato via buona parte di loro.
Secondo altre fonti governative l’80% dei programmatori transfughi sono ritornati all’ovile.
In ogni caso, che i programmatori siano troppo pochi, è un dato di fatto evidenziato da una proposta legislativa.
Una che consentirebbe a programmatori stranieri di trasferirsi in Russia ed ottenere permessi di residenza per loro e i loro cari in cambio del loro lavoro.
In una Russia sempre più isolata e pronta ad additare l’intero mondo Occidentale col marchio dei “nazisti” è un segnale importante.
La guerra ha solo esacerbato una situazione già di necessità: a giugno dell’anno scorso mancavano all’appello un milione di specialisti dell’IT, i programmatori e gli esperti informatici. Le autorità già prevedevano la necessità di formarne, ma il conflitto ha precipitato tutto.
C’è però un problema: ancora prima che la guerra, di fatto, erigesse una nuova Cortina di Ferro trasformando gli occidentali tutti in “sospetti nazisti”, il programmatore medio occidentale difficilmente andava in Russia.
Non si tratta di “Russofobia” però. Semplicemente le multinazionali occidentali pagano di più, danno più benefici e al momento hanno condizioni di lavoro e strumenti migliori.
La Russia è sempre stata un collettore per i lavoratori Asiatici, che dall’ex URSS usano le rimesse per la loro economia, accettando condizioni che da noi non sarebbero considerate.
A Novembre si è cercato di espandersi verso i lavoratori qualificati di Uzbekistan, Tagikistan e Kirgizistan.
Già a Dicembre le compagnie informatiche estere potevano registrarsi in Russia con un regime molto semplificato.
Già un mese prima del conflitto, il governo Kazako aveva lamentato di avere un sistema educativo che produce troppi umanisti e troppi pochi tecnici.
Se in Russia mancano i programmatori, mancano anche nell’ex area sovietica e la guerra non ha migliorato le cose.
Il progetto era mandare giovani in Russia, che sta riconvertendo rapidamente il suo sistema universitario per incrementare l’area tecnica anche in università tradizionalmente umanistiche per ottenere ingegneri e programmatori.
La grande domanda è: riuscirà la Russia ad avere una industria dell’IT fiorente?
Non basta avere gli “hacker russi”, arrabbiati “script kiddies”, ragazzini del DDoS pronti a ringhiare contro l’Occidente in nome di Putin.
Servono i computer, che al momento non hanno. Servono i programmatori, che al momento latitano.
E quando i giovani delle province asiatiche avranno completato il loro corso di istruzione, cosa faranno?
Resteranno in Russia per lavorare all’IT locale o, probabilmente, torneranno in madre patria per portare a casa il loro bagaglio culturale lasciando alla Russia solo la “soddisfazione” di averli formati?
Soddisfazione che di certo non rifonderà il settore IT.
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