Il WEF vieta il possesso di automobili: la notizia apparsa sui social è, ovviamente, una distorsione complottistica. Parliamo infatti del ricco filone delle fake news sul WEF, il World Economic Forum trasfigurato dai teorici del complotto nella versione reale della Spectre di 007.
La teoria per cui il WEF vuole vietare il possesso di automobili si sposa infatti con la bizzarra quanto infondata teoria di Schwab che vuole dimezzare la popolazione mondiale e abolire la proprietà privata e il consumo di carne come un Thanos Vegano discendente di nazisti immaginari e incline a dominare il mondo nell’altrettanto immaginifico Grande Reset.
Nella condivisione originale da cui derivano le condivisioni italiane infatti compare un malcelato afflato “antikasta”, coi “ricchi del mondo” che vengono descritti intenti a privare “laveraggente” dei loro averi.
E infati la prima condivisione riporta l'”indinniante” (sic! Dicesi “indinniazione” il berciante tentativo di stimolare una indignazione a orologeria mediante “astroturfing”, stimolando dall’alto reazioni inconsulte che poi si dicono provenienti dal basso) invito ai “bravi cittadini” a “non farsi dettare dai ricchi cosa possedere”.
Appello basato sul nulla.
Possiamo infatti ora passare ad esaminare il reale testo del WEF, che parla della c.d. “Economia Circolare”.
Ovvero un sistema basato non più sul consumo “usa e getta”, ma su beni che possano essere usati e conservati a lungo e, all’occorrenza riciclati.
Uno di quei punti prevede non vietare il possesso di automobili, ma promuovere il carpooling, la locazione e nolo di autoveicoli e il car sharing quando sia più conveniente farlo.
L’esempio è per chi possiede veicoli che guida solo il 4% del tempo, ad esempio una fascia di possessori di automobili e camion in Inghilterra che se avessero la possibilità di prendere a nolo in ogni momento un camioncino per le loro attività non dovrebbero tenerne uno a marcire nei parcheggi pubblici o nel vialetto di casa.
Il carsharing e il nolo veicoli infatti secondo il rapporto stenta a diffondersi non perché sgradito, ma perchè una migliore organizzazione (uso di tecnologie keyless, senza chiave, profili per utenti privati e commerciali) lo renderebbero più pratico.
Altre raccomandazioni, che assolutamente non riguardano alcuna violazione della proprietà privata o di veicoli, si basano sul promuovere città e quartieri più vivibili e fruibili anche con mezzi pubblici e a piedi, prediligere la produzione di strumenti robusti e affidabili che non debbano essere cambiati in tempi sin troppo brevi e preferire gli indotti della riparazione e del riuso ancora prima del riciclo.
Ogni buon ambientalista sa che infatti riparare e riutilizzare è sempre meglio che riciclare: il bene riciclato finisce in parte in discarica, anche se non nella sua interezza.
Un bene longevo resta più a lungo nelle tasche altrui e, quando hai finito di usarlo, puoi donarlo o rivenderlo a qualcun altro che continuerà a farne uso.
Un esempio concreto potrebbe essere il modello Nokia, che tutt’ora vende cellulari con quattro anni di aggiornamenti garantiti, un anno in più di garanzia e sostituzione del vetro garantita nel primo anno, di fatto rendendo non impedito, inibito o vietato, ma inutile inseguire il nuovo modello di smartphone anno dopo anno.
O la battaglia nota a “maker” e patiti di tecnologia per il “Right to Repair”: il diritto ad acquistare merce riparabile, anche fuori garanzia, senza doversi trovare ostacolati da cose come la mancanza di parti di ricambio o l’utilizzo di tecniche costruttive che rendono impossibile una riparazione agevole con ripristino delle caratteristiche originarie.
Se qualcuno poi vorrà buttare oggetti ancora validi, sperperare i suoi averi o sostituire beni ancora riparabili affar suo: nessuno manderà la “Polizia del WEF” a impedirglielo.
Sarebbe, semplicemente, un peccato sprecare.
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