Abbiamo parlato più volte della “truffa del crypto”, quell’insieme di surreali “affari mediante cryptovalute” offerti come specchietto per le allodole per costringervi a scaricare app a pagamento nella migliore ipotesi, per svuotarvi il conto corrente per le peggiori.
Alcune sono più sfacciate di altre, e se siete caduti in un grottesco fotomontaggio con Carlo Cracco arrestato dalla polizia e munito di un microfono nascosto perché non rivelasse “i segreti che Bankitalia non vuole che sappiate”, non ho altro da dirvi. La vostra sciocca avidità ha superato ogni principio di precauzione che potremmo insegnarvi.
E per cadere in una storiella del genere bisogna essere del tutto accecati dalla faziosa avidità antikasta. Quella del complottista mancato che vi cresce dentro fomentando l’immagine di una Bankitalia onnipotente che pianta cimici addosso ai VIP famosi che hanno il segreto dell’eterna ricchezza.
Perché lo stesso copione, identico, l’abbiamo visto con Saviano e la Littizzetto, anche essi usati come testimonial a loro insaputa di una narrazione sempre uguale, che riassumeremo così.
Un VIP amatissimo dal pubblico, punti extra se percepito come irriverente e controcorrente si presenta in una famosa trasmissione. Per l’esultanza di un pubblico accuratamente selezionato tra “Italiani veraggente del popolo che non sbarca il lunario” il VIP estrae il cellulare e mostra una app per investimenti in cryptovalute all’attonito conduttore, sfidandolo a investire una modica somma in Euro. Il conduttore diventa miliardario in pochi secondi e prega l’uditorio e gli spettatori a casa di fare lo stesso per “fregare il sistema”.
All’improvviso uno stuolo di militi pakati da Bankitalia irrompe in studio arrestando il VIP e imprigionandolo, ordinando che la trasmissione sia interrotta, tutte le copie distrutte perché “Non cielodikeno” e chiunque abbia scoperto il segreto per generare ricchezza dal nulla gettato ai ceppi assieme a Cracco, Saviano e la Littizzetto.
In tutte le narrazioni però un manipolo di eroi riesce a procurarsi screenshot della trasmissione (o meglio di trasmissioni a caso col logo malamente appiccicato, ma se avete creduto alla storia precedente potete credere a qualsiasi cosa) e pubblicarli su Facebook sotto forma di post sponsorizzato di pagine del tutto inattinenti (come l’auditorium di una città americana) con tanto di commenti di persone inventate dai nomi tipicamente non italiani che giurano di aver scoperto il segreto della ricchezza e di essere pronti a partire all’arrembaggio di Bankitalia cliccando su ogni link proposto.
Link che nella migliore delle ipotesi vi porterà ad app a pagamento, nella peggiore a condividere i vostri dati bancari con sconosciuti, in ogni caso ha l’attendibilità del Whatsapp del “capo della mafia” che cortesemente vi chiede di fargli un versamento in Bitcoin oppure dovrà ammazzarvi tutti i familiari.
Ovviamente, se ci siete cascati avete una sola soluzione: bloccare eventuali carte di credito fornite, contattare la vostra banca e la Polizia Postale.
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