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Il suicidio in diretta social di Katelyn Nicole Davis, che le autorità faticarono a far rimuovere

Quella di Katelyn Nicole Davis è la triste storia dei tempi che impiega una piattaforma per intervenire sui contenuti pubblicati e segnalati dagli utenti.

Tutto ha inizio il 30 dicembre 2016 quando Katelyn, 12 anni, avvia un diretta social su LiveMe.com. La sua espressione è provata, triste, e la voce rotta dallo strazio. Katelyn racconta ai suoi follower di essere stata vittima di abusi sessuali. Nei primi 20 minuti del filmato si vede la ragazzina chiedere scusa “per non essere abbastanza carina, ma non posso esserlo” mentre applica una corda sul ramo di un albero del suo giardino. Nella seconda parte va in scena la morte di Katelyn, in diretta social.

Il suicidio di Katelyn Nicole Davis in diretta social

Come detto in apertura, quella del suicidio di Katelyn Nicole Davis è emblematica sui tempi di intervento delle piattaforme in termini di contenuti sensibili e violenti. Il 30 dicembre 2016 dal giardino della sua casa di Cedartown (Georgia), la 12enne avviò una diretta sulla piattaforma LiveMe.com.

La ragazzina rese partecipi i followers dei momenti in cui installava la corda sull’albero, posizionava il cappio intorno al suo collo e si lasciava andare in una serie di accuse e confessioni. Particolarmente toccanti furono queste frasi:

Mi dispiace di non essere abbastanza carina. Mi dispiace per tutto, mi dispiace davvero tanto. Ma non posso esserlo.

Come riportava anche Buzzfeed, prima di uccidersi Katelyn raccontò anche di aver subito abusi sessuali da un membro della sua famiglia. “I’m so sorry”, ripeteva in continuazione la 12enne mentre calava il buio – la diretta iniziò alle 21:30 – per poi posizionarsi in piedi su un secchio.

“I’m so sorry, I’m so sorry”, ripeteva Katelyn. Quindi mandò un saluto ai suoi amici. “Goodbye”, disse infine. Diede un calcio al secchio e si lasciò andare. Dopo i primi spasmi – Katelyn muoveva ancora le braccia e il corpo – la 12enne perse conoscenza. La diretta non si interruppe fino ai 42 minuti, quando arrivò il grido di una voce fuori campo.

Nel frattempo il suo telefono squillava, probabilmente per le chiamate delle persone che avevano assistito senza volerlo al suo suicidio. Qualcuno chiamò la polizia, ma al Polk Medical Center la dichiararono deceduta.

Nel frattempo, il suo video era già diventato un caso ed era già comparso su altri social network: YouTubeFacebook.

Il tempismo delle piattaforme

Su questa triste storia di morte e contenuti sensibili nel 2017 gli autori de Il Post hanno riproposto un articolo del Washington Post.

Se da una parte YouTube e LiveMe impiegarono pochi istanti per rimuovere il video, per vederlo scomparire da Facebook ci vollero due settimane. Per quanto la policy di Facebook sia oltremodo chiara sui contenuti non accettabili nemmeno durante le live, lo sceriffo Kenny Dodd della contea di Polk fece una certa fatica per ottenere dagli sviluppatori di Facebook la rimozione di quel video.

Certamente, non fu Katelyn a pubblicare il suo suicidio in diretta su Facebook, piuttosto lo fecero altri utenti spontaneamente, con condivisioni che arrivarono alla viralità. Su questo aspetto Dodd intervenne ai microfoni di Fox 5 spiegando che il suo ufficio era stato letteralmente sommerso da segnalazioni, telefonate, e-mail e messaggi su Facebook da parte di utenti che chiedevano alle autorità di intervenire.

Dodd ha contattato personalmente molte delle persone che gestiscono i siti Web che hanno pubblicato il filmato inquietante. Li ha esortati a ritirare il video, senza successo.

Il 12 gennaio 2017 Mashable riportava la testimonianza della psicoterapeuta Kyle MacDonald pubblicata sul Guardian. MacDonald raccontava di aver notato quel video condiviso su Facebook e di averlo prontamente segnalato. Due ore dopo era arrivato il responso:

Abbiamo esaminato la condivisione che hai segnalato perché mostra qualcuno che si ferisce e abbiamo scoperto che non viola i nostri Standard della community.

Due settimane dopo, il video scomparve anche da Facebook. Buzzfeed scrisse, prima della rimozione del filmato da Facebook, che alle ripetute segnalazioni la piattaforma rispondeva che quel contenuto non violava gli standard della community.

Una realtà, quella del tempismo e delle decisioni di Facebook, che è ancora attuale.

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