Il problema del saluto fascista alla luce della Cassazione a sezioni unite non è di immediata soluzione, e chi vi dirà che la soluzione era semplice e a portata di mano, mente.
Partiamo da un concetto fondamentale: non siamo in un sistema di Common Law: la Cassazione “non fa precedente vincolante”, ma si suppone che una decisione in Cassazione, e a Sezioni Unite, sia un particolare capolavoro di precisione, esattezza o, quantomeno, presa non a cuor leggero dopo un lunghissimo ragionamento cominciato dai gradi meriti. Quindi, degna di essere esaminata.
Il saluto fascista scopriamo dalla Cassazione (in attesa del deposito della sentenza) è sostanzialmente sanzionato da due norme diverse, quindi per due fattispecie diverse che possono esistere anche contemporaneamente, cosa questa assai importante.
Parliamo dell’articolo 5 della Legge Scelba, che disciplina l’apologia di Fascismo e dell’articolo 2 della Legge Mancino. Il primo vieta la riproduzione di ritualità e gestualità del fascismo qualora tale azione sia idonea ad integrare il concreto pericolo di riorganizzazione del disciolto partito fascista, il secondo vieta il compimento di manifestazioni esteriori proprie o usuali di organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi che hanno tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.
Nel caso di specie si parla di una commemorazione del 2016 della morte di Sergio Ramelli, Enrico Pedenovi e Carlo Borsani, alla presenza di oltre mille persone, nella quale si contesta agli imputati di aver risposto alla chiamata del “presente”, eseguendo il “saluto fascista”.
Il processo, arrivato fino in Cassazione torna all’appello per un “contrasto ermeneutico” su quale delle due norme applicare, sapendo che in determinati casi potrebbero essere applicate entrambe.
La Corte di appello di Milano si trova ora onerata nel verificare “se dai fatti accertati sia conseguita la sussistenza del concreto pericolo di riorganizzazione del disciolto partito fascista”,
Per il penalista Francesco Romeo “in attesa di leggere le motivazioni, la decisione può essere riassunta così: perché il saluto romano costituisca reato per la legge Scelba deve essere associato alla sussistenza del pericolo concreto di riorganizzazione del disciolto partito fascista e, a determinate condizioni, il ‘saluto fascista’ può integrare il delitto previsto dal decreto Mancino. I due reati possono concorrere e ciò significa che con lo stesso gesto possono essere violate sia la legge Scelba che il decreto Mancino”.
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