Precisazioni

Il risarcimento non è stato accolto perché non c’è obbligo: molte precisazioni da fare

Ci state segnalando in moltissimi un appello: “Il risarcimento non è stato accolto perché non c’è obbligo vaccinale”.

È da settimane che ci viene ricondivisa una lettera che dimostrerebbe che in assenza di obbligo vaccinale lo Stato non risarcirà mai eventuali danni da vaccinazione.

Il risarcimento non è stato accolto perché non c’è obbligo: la lettera (preso da Twitter)

E la risposta è un deciso ni.

Nel senso che la risposta non è semplice, ma come abbiamo detto in passato, tutto porta a dichiarare che insistendo il risarcimento si possa ottenere. Ma insistendo.

Il risarcimento non è stato accolto perché non c’è obbligo: molte precisazioni da fare

Partiamo da una premessa logica e storica. L’art. 1, comma 1, L. del 25 febbraio 1992, n. 210 ove il legislatore stabilisce espressamente che “chiunque abbia riportato, a causa di vaccinazioni obbligatorie per legge o per ordinanza di una autorità sanitaria italiana, lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente della integrità psico-fisica, ha diritto ad un indennizzo da parte dello Stato, alle condizioni e nei modi stabiliti dalla presente legge”.

Cosa che secondo un’analisi offerta da Altalex potrebbe applicarsi, anche in assenza di obbligo erga omnes, qualora ci si trovi di fronte ad una campagna fortemente raccomandata dall’ampio valore di solidarietà.

Abbiamo avuto al riguardo una proficua chiacchierata col collega (e avvocato) Paolotuttotroppo (Facebook qui), discutendo quanto ottenuto coi nostri collaboratori di area legale.

La chiave da cui partire è la sentenza della Corte Costituzionale n° 107 del 26/04/2012, che ha di fatto esteso la copertura indennitaria ai protocolli sanitari contro morbillo, rosolia, e parotite, per esigenze di coerenza e solidarietà, dichiarando che “non vi è ragione di differenziare il caso in cui il trattamento sanitario sia imposto per legge, da quello in cui esso sia, in base a una legge, promosso dalla pubblica autorità in vista della sua diffusione capillare nella società; il caso in cui si annulla la libera determinazione individuale attraverso la comminazione di una sanzione, da quello in cui si fa appello alla collaborazione dei singoli a un programma di politica sanitaria

Fa seguito Corte Costituzionale, n° 268 del 14/12/2017, che ha dichiarato la citata legge parzialmente incostituzionale nella misura in cui limita l’obbligo di indennizzao alle sole vaccinazione obbligatorie per legge.

La Corte ha ritenuto che, come accade per quelle obbligatorie, anche la vaccinazione raccomandata antinfluenzale riveste la specifica finalità di assicurare la tutela della salute collettiva, attraverso il raggiungimento della massima copertura vaccinale della popolazione.

Pertanto, anche in questo caso le esigenze di solidarietà sociale e di tutela della salute del singolo richiedono che sia la collettività ad accollarsi l’onere dell’eventuale pregiudizio individuale, mentre, al contrario, sarebbe iniquo consentire che siano i singoli danneggiati a sostenere il costo del beneficio collettivo.

Ci riporta ad esempio l’analisi fornita da Altalex, sempre a condizione che sia accertato il nesso di causalità tra inoculazione e danno.

Problemi e soluzioni

Il problema è che ogni decisione della Consulta, come ad esempio abbiamo potuto vedere sulla lunga questione dell’eutanasia, si lascia dietro un vuoto legislativo.

La norma non è mai stata cambiata, ma di fatto dal 2012 è un dato assodato ed acquisito che le vaccinazioni fortemente raccomandate è come se fossero “obbligatorie di fatto”.

Obbligatorie perché ci si vaccina non solo per se stessi, ma per la collettività, ed ove vi sia danno riconosciuto spetta alla collettività non lasciare nessuno indietro.

Tendenzialmente però, inviando la richiesta di risarcimento al Ministero, la risposta si baserà sulla norma di legge così come è ora (vedi, ancora, la casistica sull’eutanasia, ma anche la storia della casistica sulla filiazione ordinaria e legittima).

Sarà possibile al soggetto, sarà sempre possibile impugnare tale provvedimento, deferendo quindi la questione in Tribunale rilevando le perduranti statuizioni della Corte Costituzionale.

Un tale esito non potrà che, esattamente come nel 2012 e nel 2017 arrivare alla soccombenza del Ministero ed alla vittoria processuale del danneggiato (sempre qualora questi alleghi idonea prova del danno patito).

L’extrema ratio sarebbe una nuova sottoposizione, nel corso di un giudizio ordinario, alla Consulta, che di certo non andrà contro se stessa rinnegando qualcosa che ha già a tutta evidenza stabilito.

Siamo di fronte ad un caso di vischiosità culturale: sia pur in presenza di un giudizio di incostituzionalità palese, i vuoti legislativi creano un doloroso e fastidioso interim in cui, vedi casi simili di eutanasia e filiazione, il diritto è chiamato a riempire i vuoti.

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