I nostri contatti ci segnalano un post pubblicato sulla pagina Facebook Uniti con i Portuali di Trieste in cui viene riportato un testo attribuito a Massimo Cacciari, ripreso anche da Catania CreAttiva. In sostanza, a Massimo Cacciari vengono attribuite parole che parlano del green pass in termini di “ricatto paragonabile solo a certe leggi fasciste”, “silenzio censorio dei media” e “fascismo mascherato da democrazia”. Il pensiero di Cacciari sul green pass è cosa nota, ed è emerso anche nell’ultima intervista rilasciata il 16 ottobre al Fatto Quotidiano. Il testo a lui attribuito può dunque essere verosimile.
Ecco il testo riportato da Uniti con i Portuali di Trieste, Catania CreAttiva, Mercurius 5 e La Pillola Rossa:
ITALIA: PUNTO DI NON RITORNO, ITALIANI CONTRO ITALIANI
Massimo Cacciari:
“È un punto di non ritorno credo. Quello che vedo intorno a me è difficile persino da descrivere per quanto sia angosciante e al contempo ignorato dai più.
A prescindere da quello che uno possa pensare su una data questione, al di là delle proprie scelte personali, esistono dei fatti oggettivi che non possono essere ignorati e vanno analizzati lucidamente.
Non si vedeva da decenni uno stato che era in grado di far sparire nel silenzio decine di migliaia di persone che protestano. A prescindere da quello che sostengono quelle persone, il fatto che si siano ignorate queste manifestazioni (mentre venivano trasmessi servizi su tg nazionali con persino inviati sul posto per raccontare di sgomberi di rave non autorizzati) dovrebbe fare venire un brivido nella schiena a chiunque.
Viviamo in uno stato che ha deciso di applicare un ricatto paragonabile solo a certe leggi fasciste e questo lo dicono anche filosofi e politologi come Agamben.
Questo ricatto, di fatto, viola leggi e trattati che hanno molto più valore legalmente parlando, e discrimina di fatto milioni di persone sulla base di una scelta legale e permessa, sulla carta, dallo stato stesso.
Circa il 20% dei lavoratori italiani non vuole il green pass. Il venti per cento.
Dopo mesi di manifestazioni, centinaia di migliaia di persone scese in piazza pacificamente e inascoltate, diritti erosi, ricatti, adesso si sono accesi i riflettori. Adesso che si è usata violenza.
È un copione che conosciamo, Cossiga Docet. Un copione che ancora funziona evidentemente: infiltrare i movimenti per politicizzarli e avere una scusa per reprimerli.
L’assalto alla sede della CGIL è da manuale. Quello che non è da manuale è vedere che a 20 anni dal G8 c’è ancora chi ci casca.
Il discorso di Landini all’indomani di questo fatto è da copione: un inno alla resistenza, all’antifascismo, alla difesa dei diritti del lavoro. Gli stessi principi che avrebbero dovuto far muovere i sindacati per proteggere i lavoratori da quello che sta accadendo, ma finora non pervenuti.
L’appello alla mobilitazione generale dopo questo evento è la ciliegina su una torta di escrementi.
La risposta generosa e partecipata a questo appello da parte di chi non ha mosso paglia contro quello che sta succedendo, invece, è il sintomo finale di una metastasi in corso da tempo. Il suo auspicare a una riforma generale del lavoro dopo questo specifico fatto è da brividi, per chi sa leggere tra le righe.
Proclami da una parte e violenza dall’altra, tutto purché il copione silenzi quello che succede nelle piazze, le ragioni dei manifestanti e le manganellate prese da giovani, vecchi, mamme.
Ma, anche volendo fare gli ingenui e senza considerare la palese infiltrazione delle manifestazioni pacifiche (sforzandoci parecchio), la destra fa solo quello che sa fare da sempre: cavalcare il malcontento di gente esausta e lasciata sola da organizzazioni governative e non, comprese più colpevolmente quelle di sinistra e per la difesa dei diritti. Ma cavalcare non significa rappresentare e quindi associare le piazze ai fascisti, anche in questo caso, sarebbe per usare un eufemismo, ingenuo e miope.
Il vero attacco alle sedi dei sindacati non è quello studiato a tavolino da quattro fascisti che rappresentano lo 0,01% del paese, ma quello che sta avvenendo da molto tempo, globale, massivo che ha spogliati i sindacati dei loro ruoli e in maniera molto più subdola rispetto a quello che è successo ieri, ma come al solito ci si sveglia solo quando si è attaccati da fascisti che si dicono apertamente fascisti, senza nessuna valutazione sociale sul perché e in quale contesto si sia arrivati a questo, anche perché questo vorrebbe dire fare un’autocritica che le varie organizzazioni “di sinistra” non possono permettersi. E quindi ora è il momento della retorica e di slogan antifascisti, di difesa del lavoro e dei diritti.
Quando invece, nel silenzio censorio dei media, ci sono decine di migliaia di persone in piazza contro un fascismo mascherato da democrazia che erode i diritti e attacca il lavoro discriminando circa il 20% dei lavoratori, non si fa volare una mosca, anzi.
Questo è solo pericoloso e vile collaborazionismo. Non solo, è una fotografia perfetta di come i fascismi, così come successe in passato, possano subdolamente emergere sulle onde di applausi e mobilitazioni di certi apparati che si proclamano antifascisti.”
Massimo Cacciari
Se cerchiamo alcuni estratti di questo testo su Google otteniamo risultati che riportano le stesse parole, le attribuiscono a Cacciari ma non citano la fonte. Non è dato sapere, per esempio, se Cacciari abbia contattato una qualche redazione, abbia pronunciato queste parole in diretta televisiva o in qualche piazza o siano dichiarazioni emerse da un’intervista.
Se ritorniamo alla fonte, però, troviamo la soluzione: tra i commenti del post pubblicato da Uniti con i Portuali di Trieste troviamo questo commento:
Potreste modificare il vero nome dell’autore del testo? Altrimenti con le condivisioni si creerebbe solo confusione. Grazie.
L’autrice del commento ha anche taggato l’autore del testo, che censuriamo per ovvi motivi di privacy. Sul profilo di quest’ultimo, infatti, troviamo lo stesso testo con una foto di Cacciari in allegato. In chiusura del messaggio, dopo la parola “antifascisti” troviamo: “Un anarchico che non si è rincog**onito”. In aggiunta, l’autore scrive: “Questo testo è mio. La foto invece rappresenta l’espressione depressa di Cacciari dalla Gruber che incarna perfettamente il momento storico”.
Il testo sul “punto di non ritorno” è stato dunque attribuito a Massimo Cacciari, ma non appartiene all’ex sindaco di Venezia.
È diventato virale, così tanto da avere persino un posto nella mostra al femminile della Lucca Comics appena trascorsa il…
L’Inter è riuscita ad acciuffare i tre punti contro il Venezia, dopo un match in cui il VAR ha avuto…
Ci segnalano i nostri contatti un video su TikTok che dovrebbe mostrare una statua di Lucifero a Torino. Il video…
La definizione di mansplaining da manuale è "l'atteggiamento paternalistico con cui un uomo cerca di spiegare ad una donna qualcosa che…
Ci segnalano i nostri contatti un post X di un profilo di Satira che adombra il caso di App Io…
Ci segnalano i nostri contatti una condivisione X che avvalora una teoria del complotto secondo cui l'alluvione a Valencia è…