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Il poliziotto Candido Avezzù non era vaccinato: parla l’ex compagna dopo il suo ultimo post

La morte del poliziotto Candido Avezzù per Covid è stata commentata dalla sua ex compagna che, tramite un’intervista rilasciata ai giornali (in particolare al Corriere), ha spiegato alcune convinzioni sulla pandemia del suo ormai ex compagno, che non era vaccinato. Avezzù si è beccato il Covid durante una missione di lavoro, faceva parte del reparto mobile di Padova, ma si trovava in questi giorni in missione all’hotspot di Taranto, zona in cui vengono ospitati i migranti appena sbarcati.

Candido Avezzù non era vaccinato: conferme sulle idee del poliziotto

Una storia che ricorda solo in parte quella di Caleb Wallace negli Stati Uniti, raccontata di recente. Il rischio di contagio, in situazioni di questo tipo è alquanto elevato, anche perché sono tanti coloro che sbarcano non sapendo di avere il Covid. Il problema principale è quindi il modo in cui sono costretti a lavorare questi poliziotti, probabilmente non con le dovute precauzioni.

Tralasciando tale aspetto, di cui si sta occupando anche il Sindacato autonomo di polizia, sono le parole dell’ex compagna a far pensare come questa morte potesse essere in un certo senso evitata. Candido Avezzù era infatti un no vax convinto, aveva rivelato alla sua ex compagna di essere più forte del virus, non pensava evidentemente che questo Covid potesse essere così pericoloso e quindi non aveva alcuna intenzione di vaccinarsi.

Quando il poliziotto ha scoperto di aver contratto il virus lo ha comunicato anche sui suoi profili social, cercando di ironizzare sulla questione, evidenziando come si fosse sposato con il Covid. L’ultimo post invece è stato molto più realista, aveva capito che la situazione era davvero impossibile da recuperare, era finito in terapia intensiva e l’unico suo desiderio era di porre sulla sua lapide lo scudetto del 2, lo stemma del Secondo reparto mobile a cui apparteneva.

Candido Avezzù non era vaccinato ed il poliziotto non credeva alla potenza del virus, non credeva nel vaccino e purtroppo per lui non c’è stato scampo. Per i familiari la colpa principale è del mancato ricovero avvenuto all’inizio all’ospedale di Jesolo, dove si era presentato con i primissimi sintomi, qui gli era stata prescritta la solita cura antibiotica, poi la situazione è degenerata ed è stato necessario il ricovero a Dolo.

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