Complottismo

“Il Pinguino della Peste”: la Pareidolia applicata al complotto

Non avremmo mai pensato di sentire parlare del “Pinguino della Peste”. Eppure ci siamo arrivati.

Dimostrando una cosa: in fondo il complottismo non è diverso da un culto o dal tentativo di costruire una religione pagana.

Con QAnon abbiamo già dimostrato come molti complotti “organizzati” si forniscono addirittura di una struttura pseudoreligiosa. Esiste un profeta, nel caso delle teorie derivate da Q caso i “Patrioti Q” particolarmente grafomani.

Profeta che parla in nome di un Dio ignoto e sconosciuto, nel caso del Patriota Q l’onnipresente Donald Trump raffigurato nelle vesti di una divinità greca onnipotente, nuda e muscolosa, e che si rivolge ad un popolo di Eletti, scelti personalmente dal Dio per servirli.

E che, come ogni religione organizzata, cercano significato in un universo a loro indifferente in ogni simbolo.

In questo caso abbiamo il “Pinguino della Peste”

Il “Pinguino della Peste”

Perché, ovviamente, in una complessa costruzione pseudoreligiosa dove i Buoni combattono i Poteri Forti Satanici del Nuovo Ordine Mondiale

E non Randy Horton, Hulk Hogan e Kevin Nash…

Il Nuovo Ordine Mondiale (a volte additato come “Massoneria”) sente il forte bisogno di firmare le sue malefatte in modo che chiunque armato di cellulare possa individuarle.

Un po’ come Lupin III che lascia apposta dei biglietti di sfida perché Zenigata venga a catturarlo fallendo, o come le ladre di Occhi di Gatto che provocano il bel Matthew sapendo che, quantomeno, il mattino dopo passerà dal loro bar a prendersi un cappuccino e flirtare con Sheila.

Ma come per moltissime religioni organizzate non è un problema di quello che si vede, ma di quello che si vuole vedere.

Il Pinguino della Peste che esisteva prima del COVID19

Quello che viene ritratto nella foto è il camion di una impresa che si occupa del trasporto medicinali. E lo faceva ben prima dell’emergenza COVID19.

Parliamo di SL Express, che ancora adesso ha sul suo sito come punto di vendita camion equipaggiati per il trasporto a -30 gradi Centigradi (anche se sappiamo che il vaccino Pfizer richiede temperature ben più basse, e quindi l’intervento di Pfizer e dei militari) e che quindi esibisce sul suo portale l’immagine di un pinguino.

Pinguino ovvio simbolo del freddo.

Ripetete con me: quando penso al pinguino mi viene in mente qualcosa di estremamente freddo, non il pinguino che porta la peste.

Storia delle maschere del medico della Peste

Ovviamente, l’ispirazione delle maschere da “medico della Peste” deriva dai volatili. Ma non dai pinguini, animali che un Europeo medio difficilmente avrebbe avuto in mente.

Parliamo dell’Europa del diciassettesimo secolo.

E parliamo di animali scoperti dagli occidentali non prima della circunnavigazione del Globo da parte di Bartolomeo Diaz.

Che però li chiamava gli “otilicarios”, col nome pinguino apparso molto più tardi nella storia occidentali, assieme alle classificazioni tassonomiche del bizzarro animale.

Possiamo quindi escludere che un Medico Secentesco pensasse abitualmente ai Pinguini.

Non solo: il costume tradizionale dei medici della peste viene attribuito al dottor Charles De Lorme, che lungi dal voler invocare la peste voleva allontanarla, con stile.

La prima ispirazione di De Lorme, infatti, nacque dalle Armature Cerimoniali Europee, spesso istoriate con le immagini di animali e fregi.

La seconda ispirazione era prettamente utilitaria: la medicina del diciassettismo secolo non ammetteva l’origine virale o batterica delle malattie.

Lungi dal credere nell’esistenza dello Yersinia Pestis, Charles De Lorme, come molti medici dell’epoca, era convinto nell’esistenza del “miasma”.

Sostanzialmente, un’aria fetida e ammalorata che in qualche modo esalava dal corpo dei malati per essere respirata dai sani squilibrando e danneggiando i loro polmoni. Quindi, se la Peste era causata da un’aria fetida, Charles De Lorme ipotizzò che evitando il contatto con la stessa ci si sarebbe ammalati meno.

E fin qui, siamo alle parti più razionali del costume da medico della peste: guanti, mantelli in tela cerata, stivali, ed una specie di scafandro fai-da-te per evitare di toccare i malati e i loro miasmi.

Parzialmente corretta per i giorni nostri, ma perlopiù sbagliata fu la costruzione delle maschere: ispirate a uccelli dal lungo becco affilato come i rapaci (motivo comune nelle armature) lo scopo non era come per le nostre mascherine evitare di diffondere il contagio.

Ma era, al contrario, riempire il lungo becco di erbe profumate, mirra, cannella, polveri di ossa animali e miele.

Il miasma, al contatto con simili elementi, si sarebbe magicamente neutralizzato diventando aria (grossomodo) profumata.

Il che ha senso come appendersi un Arbre Magique al collo per scacciare il COVID19

O farsi spalmare del Vicks Vaporub sul petto mentre ti cantano “Bianca Kitty, Calda Kitty, bel micino tu…”

Infatti i costumi per la pestilenza ebbero pochissima efficacia.

Paradossalmente, le uniche due parti di una minima efficacia erano i guanti (che in tempi dove l’igiene non era diffusa, e sicuramente l’Amuchina non esisteva) usati per non toccare direttamente i malati e il bastone che veniva incermoniosamente usato per percuotere malamente i pazienti che non rispettavano il distanziamento sociale.

Gli stessi guanti perdevano efficacia contando il fatto che non venivano mai tolti, diventando ricettacoli di patogeni come tutto il resto della complessa armatura.

Riassumendo

I “medici della peste” pensavano a tutto tranne i pinguini. La loro maschera non era “un simbolo della peste”, ma anzi qualcosa che a loro dire avrebbe dovuto tenere lontana la peste stessa (il che renderebbe il pinguino un simbolo di guarigione e non di malattia, se il complottismo fosse verità) e, infine, non funzionava neppure un granché bene.

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