Il “piattino condivisione” nell’epoca dei social
Uno spettro si aggira per i profili, ed è lo spettro del “piattino condivisione”. Prima dell’era social sarà capitato a molti di chiedere “un piatto e un piatto per assaggini”, o semplicemente di scambiarsi un boccone da un piatto all’altro del ristorante.
Ma in epoca social, ecco che il “piattino condivisione” diventa, perdonateci la rima, oggetto di discussione. Complici anche i costi per il turismo, che rendono il pubblico più sensibile ad ogni voce dello scontrino
Il “piattino condivisione” nell’epoca dei social
La nuova saga social parte dal Comasco, dove un avventore chiede “un toast vegetariano da 7,5 euro da dividere in due” e gli viene presentato un conto con due euro in più per “piattino condivisione”.
“Se un cliente mi chiede di fare due porzioni di un toast devo usare due piattini, due tovaglioli e andare al tavolo impegnando due mani. È vero che il cliente ha sempre ragione, ma è altrettanto vero che le richieste supplementari hanno un costo”, ha replicato il gestore del bar.
Replica che ovviamente ha innescato le discussioni social sul tema, tra chi conosce il bar e ne parla bene, e chi critica ferocemente il costo condivisione. Effettivamente, innegabile è che se usi due piatti, due tovaglioli e trasporti due coperti, offri un servizio in più, ma lasciamo volentieri ad altri il dibattito sui costi.
Dibattito che si è ripetuto a Finale Ligure, dove galeotto fu un piatto di trofie con richiesta di “piattino condivisione” per condividere il piatto di trofie da 18 euro tra madre e figlia.
In questo caso la madre obietta che tecnicamente il coperto era già stato pagato, ma il ristoratore obietta che anche in questo caso il piatto vuoto e le posate saranno pur saltate fuori da qualche parte.
Non ci resta che farci da parte, chiedendoci perché abbiate deciso di chiedere al fact checking di discutere di cose del genere.
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