“Il PD censura le statue per non offendere l’Islam”, ma la Convenzione di Faro non dice questo né vi si avvicina
A caratteri grossi Il Tempo riporta che il PD censura le statue, una scelta che servirebbe a non offendere l’Islam e a rendere accettabile anche agli occhi dei fedeli musulmani il patrimonio culturale italiano. L’articolo è stato pubblicato ieri, 23 settembre, nelle stesse ore in cui la Camera ha ratificato la Convenzione di Faro. Nel testo, però, non troviamo alcun riferimento alla censura delle statue per non impressionare i fedeli musulmani.
La Convenzione di Faro
“La vergogna è compiuta: il Parlamento, con un voto antinazionale, rinuncia al patrimonio artistico e culturale dell’Italia”, scrive Il Tempo, mentre Primato Nazionale parla di “suicidio culturale”. La storia della Convenzione di Faro richiederebbe un ripasso: la bozza era stata presentata il 27 ottobre 2005 a Faro, in Portogallo, mentre l’Italia scelse di aderirvi nel 2013. Qui il documento tradotto del primo documento.
Il Senato aveva acconsentito all’approvazione della Fondazione nel 2019 e ieri, 23 settembre 2020, è arrivata la ratifica della Camera. Cos’è la Convenzione di Faro? È vero che interessa il patrimonio culturale, ma se leggiamo anche solo superficialmente il testo della Convenzione ci accorgiamo che non esiste alcun riferimento all’occultamento dell’arte italiana nel rispetto della fede islamica.
Qui il testo dal sito del Senato. In poche parole la Convenzione di Faro, come riassunto da Fanpage nel 2019, nasce per rinnovare il concetto di “patrimonio culturale” con il concetto di “eredità-patrimonio culturale”. Il testo spiega il significa di comunità culturale nell’articolo 2b:
Una comunità patrimoniale è costituita da persone che attribuiscono valore a degli aspetti specifici del patrimonio culturale, che essi desiderano, nel quadro di un’azione pubblica, sostenere e trasmettere alle generazioni future.
Che significa? Si propone più protagonismo dei cittadini che siano veri e propri beneficiari del patrimonio artistico. Lo Sbuffo semplifica:
Si passa cioè dal valore in sé dei beni al valore che debbono poterne conseguire le persone, […] dal diritto del patrimonio culturale al diritto al patrimonio culturale ovvero al diritto, individuale o collettivo, di trarre beneficio dal patrimonio.
Ancora, si sottolinea come la valorizzazione del patrimonio diventi un pilastro per una società democratica in cui i protagonisti sono i cittadini, una nuova realtà in cui l’autorità diventa la base spostandosi dal vertice, sul quale invece passano i cittadini che saranno attori protagonisti del patrimonio che non è più un momento elitario né eccezionale.
Come? L’articolo 12c spiega:
Promuovere azioni per migliorare l’accesso al patrimonio culturale, in particolare per i giovani e le persone svantaggiate, al fine di aumentare la consapevolezza sul suo valore, sulla necessità di conservarlo e preservarlo e sui benefici che ne possono derivare.
Che c’entra l’Islam?
Comprendiamo che il documento proposto sia di difficile interpretazione in alcuni punti, ma non è presente in alcun punto un riferimento all’Islam. Primato Nazionale per esempio individua negli articoli 4 e 7 i punti più “pericolosi” per il patrimonio culturale italiano. Leggiamoli insieme:
Art. 4
Le Parti Firmatarie riconoscono che:
a) chiunque, da solo o collettivamente, ha diritto a trarre beneficio dal patrimonio culturale e a contribuire al suo arricchimento;
b) chiunque, da solo o collettivamente, ha la responsabilità di rispettare il patrimonio culturale di altri tanto quanto il proprio patrimonio e, di conseguenza, il patrimonio comune dell’Europa;
c) l’esercizio del diritto al patrimonio culturale può essere soggetto a quelle limitazioni che sono necessarie in una società democratica, per la protezione dell’interesse pubblico, degli altrui diritti e libertà.
Il punto 4c sarebbe quello in cui si manifestano “limitazioni” alle statue (nudità, per esempio) per rispetto dell’Islam? Tale conclusione è una libera interpretazione degli autori di alcune testate, ma non ha alcun riscontro all’interno del testo della Convenzione di Faro. Ora vediamo l’articolo 7:
Art. 7 – Patrimonio culturale e dialogo
Le Parti Firmatarie si impegnano, attraverso autorità pubbliche ed altri enti competenti:
a) ad incoraggiare la riflessione sull’etica e sui metodi di presentazione del patrimonio culturale, ed inoltre il rispetto per la diversità delle interpretazioni;
b) a stabilire i procedimenti di conciliazione per gestire equamente le situazioni dove valori contraddittori siano attribuiti allo stesso patrimonio culturale da comunità diverse;
c) a sviluppare la conoscenza del patrimonio culturale come risorsa per facilitare la coesistenza pacifica, promuovendo la fiducia e la comprensione reciproca, in una prospettiva di risoluzione e di prevenzione dei conflitti;
d) ad integrare questi metodi in tutti gli aspetti dell’educazione e della formazione permanente.
Ancora una volta, dove sono i riferimenti all’Islam? Ciò che bisogna ricordare è che la Convenzione di Faro è stata ratificata da 20 Paesi in cui i cittadini e i Governi si impegnano alla coesistenza di un patrimonio da condividere, promuovere e rispettare. I cittadini, ribadiamolo, saranno attori principali nonché parte attiva, e ciò sarà possibile potenziando gli accessi ai giovani e alle persone svantaggiate, creando la consapevolezza di una comunità patrimoniale.
Perché disinformazione?
Semplificare un discorso più complesso e liquidarlo come un attacco ai valori dell’Italia a favore dell’Islam significa fare disinformazione. Scrivere: “Il PD censura le statue per non offendere l’Islam” significa offrire ai lettori una visione della Convenzione di Faro fuorviante e intenzionalmente distorta.
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