Il crollo del Muro di Berlino fu uno spartiacque tra due mondi: l’inizio di un nuovo mondo, la caduta di una barriera non solo fisica, ma anche mentale e morale che la guerra in Ucraina sta erigendo nuovamente nei cuori e nelle menti del genere umano.
Dal 1961 al 1989 il Muro di Berlino ebbe lo scopo di tenere distinti i distretti alleati di Berlino da quelli Sovietici, consentendo di avere una Berlino Est capitale della Repubblica Democratica Tedesca e una Berlino Ovest sotto il controllo della Repubblica Federale Tedesca.
Fu una scelta dolorosa che entrambi gli schieramenti cercarono di giustificare ad una popolazione schiacciata e divisa da un muro.
La propaganda dell’epoca non era così diversa dall’attuale: a seguito del Patto di Yalta si decise di spaccare in due la Germania sconfitta, e Berlino, a partire dal 1961 di dividerla con un muro.
Secondo quanto dichiarato dagli Alleati, il muro avrebbe tenuto lontani le masse di migranti dall’Est Europa desiderose di entrare nell’opulento mondo occidentale (come abbiamo visto in altri articoli, visto come un bengodi di lussi e “libertà borghesi”), altresì evitando la presenza di spie, mentre dall’altro lato i Russi dichiararono il muro un “Baluardo contro il Nazismo” rivendicando invece la necessità di tagliare fuori il nuovo nemico Occidentale ed evitare l’ingresso delle “spie Occidentali”.
Berlino Est fu ricostruita austera come una città sovietica, Berlino Ovest, abbiamo visto in un articolo precedente, ricca e con richiami ad un opulento passato.
Questo portò alla “necessità” da parte sovietica di erigere un muro fortificato, con recinzioni di filo spinato, alta tensione, mine antiuomo e cecchini pronti a sparare.
Dal punto di vista dell’occupazione sovietica infatti la fuga di lavoratori perlopiù giovani e qualificati sarebbe stato un problema che avrebbe indebolito tutta la Repubblica Democratica Tedesca.
Al prezzo di separare per decenni nuclei familiari, amici e conoscenti, affetti e smembrare una intera comunità, la Germania dell’Est fermò tale emorragia con la violenza.
Tale predominio durò fino al 1989, anno in cui Gorbaciov di fatto diede piena libertà ai paesi del Patto di Varsavia.
I dirigenti della Germania dell’Est continuarono a voler tenere il controllo, ma il popolo era ormai smanioso delle novità che venivano dal resto di Varsavia, e tra una protesta e altre proteste cominciò a lasciare l’Est per l’Ovest passando da Austria e Ungheria.
I dirigenti della DDR annunciarono una riforma dell’emigrazione tra i due paesi: il popolo decise che se il Partito Socialista Unitario aveva deciso di dare regole per varcare il Muro la cosa più sensata da fare era sbarazzarsi direttamente del Muro.
Fu la fine di un’epoca: da ambo le parti i cittadini si presentarono con picconi e distrussero quel muro, riunendo famiglie e persone allontanate dalla guerra.
Solo un anno dopo la Germania tornò unita.
Ironico pensarlo, dato che oggi il mondo è nuovamente diviso da chi non potrebbe concepire un mondo diviso da muri e chi, aizzato dalla costante propaganda delle “fonti russe”, ne erigerebbe di nuovi per ragioni simili.
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