Ci siamo: dinanzi alla sciagura l’Italiano medio trova sempre il modo per dimostrarsi peggiori. Anche quando cerca di essere migliore, cade nella sinofobia di accatto. E ci cade così male da non avvedersi che la sua “pistola fumante” che indica la presenza di qualcosa di strano è qualcosa di così normale che la vera stranezza… è non averla notata prima.
In questi tempi di coronavirus siamo letteralmente sommersi di segnalazioni che ci invitano a indagare su “sospette autocertificazioni” apparse nei ristoranti sinogiapponesi.
Certificazioni che per i segnalatori più cortesi si palesano come qualcosa di così sorprendente che rende necessario il nostro intervento, per i complottisti all’ascolto la prova provata che sicuramente “i cinesi” hanno qualcosa da nascondere, e quindi lo nascondono spegiurando con carta bollata.
Ma in realtà tutti hanno torto
Parliamo del Regolamento Comunitario 852/2004, recepito assieme alle successive e integrazioni modifiche nel D.Lgs. 193/2007.
Ovvero una normativa di rango sovranazionale, entrata nel diritto nazionale che ne ha recepito gli scopi e fornito una compiuta e cogente applicazione.
E la detta normativa prevede che gli operatori alimentari si attengano a criteri standard di sicurezza alimentare, coerenti in tutta l’Unione Europea, e siano pronti a renderne conto in ogni momento.
Redigendo dunque un’autocertificazione che renda conto di tutte le misure fatte per garantire un prodotto ben documentato, conservato a norma di legge, trattato e cucinato a norma e servito in piena sicurezza.
Possiamo fare un esempio col Registro dei Trattamenti esistente nel moderno GDPR, l’attuale “Codice della Privacy”: in caso di problemi l’ente presunto inadempiente deve fornire prova documentale di aver fatto il possibile per evitare il problema sottoposto al Garante e, qualora la realtà dei fatti e le misure “promesse” corrispondano, allora sarà libero da ogni “accusa”. In caso contrario, l’inadempiente sarà sanzionato per aver effettivamente promesso di aderire alle cautele di legge senza farlo.
È perfettamente normale quindi che un esercente che voglia rassicurare la sua fedele clientela sull’aderenza alla legge mostri ed esibisca ogni adempimento compiuto in ottemperanza alla stessa.
Siamo quindi un po’ sconvolti dal fact checking che ci viene chiesto: non è affatto anomalo, né “Excusatio non petita” che un ristorante sinogiapponese rassicuri la clientela dicendo di operare in norma alla legge.
È sconvolgente che di questi tempi per essere guardati con sospetto basti non solo avere la pelle di colore diverso, ma essere in regola con la legge.
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