Il macabro discorso del mercenario Russo col teschio di Azovstal dimostra qujello che sapevamo. Dimostra che stiamo parlando di una guerra che è lontana anni luce dalla “operazione speciale di denazificazione“. Inutile girarci intorno: è una guerra.
Una guerra dove per “denazificare” si intende deumanizzare, distruggere ad annientare completamente il “nemico ucraino” e tutta la sua civiltà. In un mondo dove sostanzialmente nazista significa “nemico del Putinismo, quindi subumano”.
Non sappiamo molto altro del video: data la tendenza delle “fonti russe”a forme estreme di Tarasconeria, non possiamo dirvi se quello sia davvero “il teschio di un combattente di Azovstal” o un feticcio di plastica.
Ma possiamo dirvi quello che rappresenta confermato dal macabro discorso del mercenario Russo: rappresenta l’apice, il culmine di un progressivo disegno di annientamento morale, sociale, psicologico ed etnico di un nemico.
Il turpe sceneggiato fa parte di una narrazione che va dal soldato che telefona ridendo alla moglie e annunciando il suo improvviso “friccicore” per lo stupro di donne ucraine fino al giovane soldatino russo che, dopo aver telefonato alla mamma, le racconta implorando approvazione di come ha “fatto scoppiare gli organi ad un civile bastonandolo” ed ucciso venti persone per ottenere l’ammirazione e le coccole della babushka a casa.
È l’atto finale, ma solo cronologicamente (siamo sicuri ve ne saranno altri), di una narrazione in cui gli Ucraini non sono umani, ma infernali mutanti coi superpoteri, che con ogni dose di vaccino Pfizer (quindi occidentale) diventano più nazisti, più cattivi, più feroci e invulnerabili, ebbri di odio verso il passato Sovietico che li porta a ribaltare carri armati con le nude mani e sgominare interi battaglioni.
Per i Russi e i loro simpatizzanti l’Ucraino medio non è un essere umano. È una sorta di empio demone infernale, invincibile incarnazione di tutto quello di sbagliato che c’è nelle loro vite, e la violenza diventa catarsi ed esorcismo.
Possiamo ora tornare all’inconsulto discorso.
Sono immagini cruenti, che preferiamo pertanto non mostrarvi indicandovi, se avete fegato, link ad agenzie di stampa che hanno coperto e pubblicato il grottesco, brutale e violento monologo.
“Noi siamo vivi e quest’uomo è già morto. Lasciamo che bruci all’inferno. Non è stato fortunato. Faremo una coppa con il suo teschio”
Afferma il soldato russo aprendo la sua arringa con una involontaria citazione alla brutalità del Re Alboino che costrinse Rosmunda a bere dal teschio di suo padre. Nonché alla teoria tanto cara alle “Fonti Russe” (nonché a troll filorussi che vengono a vergare le loro minacce, archiviate per gli usi di rito) per cui il popolo Russo dovrebbe essere orgoglioso di immolarsi per Putin perché a loro spetta il Paradiso e a tutti i loro nemici l’Inferno.
Ignorando che ad Alboino le cose da quel momento in poi le cose non andarono benissimo e secondo il mito egli finì brutalmente assassinato per vendetta contro le sue male azioni.
Ma il nostro pseudo-Alboino passa a V for Vendetta
“Noi non siamo in guerra con le persone in carne e ossa. Siamo in guerra con un’idea. Siamo in guerra con l’idea dell’Ucraina come di uno Stato anti-russo. Non ci può essere pace. Dobbiamo de-ucrainizzare l’Ucraina, dobbiamo riprenderci le terre russe. Questa è la tragedia per i soldati ucraini. Non ci importa di quanti ne dovremo uccidere. Se fossimo in guerra con le persone potremmo fare la pace con loro, ma siamo in guerra con una idea, quindi tutti i sostenitori di quella idea devono essere uccisi. Come questo ragazzo”
Come il peggior complottista che si piazza in faccia una mascherina di Guy Fawkes e, senza capire quello che ha visto, ciarla delle “idee antiproiettile perché non sono di carne ed ossa” va oltre la denazificazione decide di deucrainizzare l’Ucraina.
Se gli Ucraini sono un’idea, un fantasma della mente, la sua soluzione è ucciderli tutti per esibirne i teschi in grotteschi happening e prendersi l’Ucraina.
Decisamente, qualcosa che cozza contro l’idea della Russia come un partner con cui dialogare.
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