Zuckerberg perde sei miliardi di dollari in poche ore: per un impero mediatico come Facebook, non è una perdita paragonabile alle nostre.
Risalirà, va detto, anche se il crollo è uno dei più marcati degli ultimi anni, e questo fa impressione.
Una tempesta perfetta data dall’insieme di più fattori. Il primo è dato dalla rivelazione dell’identità dell’informatore segreto (in realtà una lei) che si è svelata ed ha pubblicamente accusato Facebook di prediligere il profitto alla lotta alla disinformazione ed alla tutela di minori e deboli in Rete.
Accuse che i portavoce di Menlo Park hanno a dire il vero respinto, dichiarando di star continuando il contrasto alla disinformazione ed agli effetti dei social sui minori.
Il secondo fattore lo conosciamo invece bene, e su questo non vi è dibattito in corso: proprio nel peggior lunedì della storia di Facebook, problemi ai DNS hanno obliterato la presenza virtuale di Facebook, Instagram e WhatsApp.
I social sono ancora lì: ma i DNS, lo strumento per identificarli in Rete, è scomparso. Facebook, Instagram e WhatsApp sono come un quartiere dal quale sono spariti tutti i numeri civici, i cartelli di indicazione delle vie, le insegne dei negozi, i monumenti e persino le automobili, con postini che vagano senza alcun riferimento per trovare i destinatari dei loro pacchi e poi, allarmati, corrono sugli altri social a urlare la situazione.
Intasandoli irrimediabilmente.
La situazione non è gradevole: così Zuckerberg perde sei miliardi di dollari in poche ore, scivolando al quinto posto tra i più ricchi del mondo, dietro Bill Gates e cedendo il podio a Bernard Arnault (LVMH), Bezos (Amazon) e Elon Musk (Tesla).
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