Approfondimento

Il Giappone riverserà in mare l’acqua di Fukushima: cosa sapere per discutere

Il Giappone riverserà in mare l’acqua di Fukushima. Questo lo sappiamo. Fa parte della notizia. Ne parlammo noi stessi quando nel 2019 il procedimento era in discussione.

Il problema è che non solo in tema sanitario, ma grossomodo in tutto lo sciibile umano esiste una pessima, pessima abitudine.

Quella di leggere il titolo prima, commentare (spesso rabbiosamente poi), se avanza un po’ di tempo leggere l’articolo e scegliere accuratamente le sole parti che ci consentono di prevalere in una lite verbale col prossimo dimenticando l’esistenza delle altre.

Cosa che, ovviamente, è uno dei mali della rete.

Proviamo quindi a parlare degli elementi costitutivi. Quelli noti al giornalismo. Perché, Dove, Quando, Cosa, Chi e l’elusivo “sesto” elemento. Il Come.

Anche Topolino, nell’educare il fanciullo, in fondo lo premette. E molti adulti rissosi e maleducati di oggi, se educati da fanciulli sarebbero stati migliori.

Topolino: il giornalismo e le 5W

Il chi e il dove in questo coincidono. Il Giappone.

Il cosa lo conosciamo. Parleremo degli altri elementi

Perché il Giappone riverserà in mare l’acqua di Fukushima

Ovviamente, dopo lo Tsunami che ha danneggiato la centrale di Fukushima, è stata usata molta acqua per raffreddarla.

Acqua che è rimasta “sequestrata” per ben dieci anni.

Comprenderete bene come lasciare all’infinito un milione di tonnellate d’acqua resa radioattiva dall’uso in cisterne non sia una grandissima idea. Le cisterne prima o poi hanno il brutto vizio di riempirsi, potrebbero rompersi e rilasciare acqua in giro, e sarebbe un problema.

Dopo dieci anni il Giappone ha quindi deciso di risolvere il problema.

Quando il Giappone riverserà in mare l’acqua di Fukushima?

La cosa non avverrà immediatamente, ma durante un lungo processo destinato a essere completato in decenni.

Prendete nota di questo elemento, è decisamente il più importante della vicenda.

E si lega a filo doppio col come.

Come intende procedere il Giappone?

In primo luogo, l’acqua di cui stiamo parlando è stata sottoposta a depurazione della maggioranza degli elementi radioattivi in essa contenuti.

Resta solo il Trizio, un isotopo radioattivo dell’Idrogeno che giustamente Il Post ci descrive così

“Il governo giapponese ha valutato che disperderla in mare sia la scelta migliore, dopo aver rimosso molti degli elementi radioattivi che conteneva. L’unico elemento che non può essere rimosso del tutto è il trizio, un isotopo radioattivo dell’idrogeno: è relativamente poco pericoloso per la salute umana ed è naturalmente presente nell’acqua del mare e nell’atmosfera.”

Anche così, la scelta di procedere per decenni di lavorazione è dovuta proprio al limitare l’eventuale impatto del Trizio.

Si programma sostanzialmente di diluirlo nell’oceano su un lunghissimo periodo di tempo, affinché l’ammontare di trizio totale nel mare non subisca incremento e l’acqua “sequestrata” torni al Ciclo dell’acqua.

Come il “come” può aumentare la sicurezza

Il Trizio, l’ultimo elemento rimasto, decade naturalmente in decenni, non in secoli. Un tempo compatibile con le tempistiche stabilite. Eventuali assorbimenti di trizio nella catena alimentare sarebbero comunque al di sotto delle soglie di rischio, e parliamo di quantità di radiazioni molto inferiori a quelle introdotte nell’ambiente nella stagione dei test nucleari degli anni ’50 e ’60.

I pareri favorevoli

Secondo il governo statunitense l’operazione soggiace a tutte le buone pratiche di sicurezza dovute al maneggiare il materiale radiattivo, e quindi non presenta problemi di sorta.

Secondo il direttore dell’Agenzia Internazionale per il Nucleare (IAEA), l’operazione sarà monitorata nei suoi elementi di sicurezza. E l’unica fondamentale differenza tra l’ordinario e sicuro smaltimento di scorie e la situazione di Fukushima è l’enorme quantità di acqua da ripulire e liberare. Cosa comunque già tenuta di conto con le modalità di cui abbiamo parlato.

I pareri contrari

Al momento esprimono dubbi GreenPeace, le comunità di pescatori locali che temono una cattiva pubblicità, e le autorità di Cina e Corea del Sud.

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