Il futuro della motorizzazione del Cremlino: in Russia macchine euro 0 senza airbag e ABS
In Russia macchine euro 0 senza airbag e ABS: in un’occidente in cui l’auto del futuro si guida da sola e va ad energia elettrica, l’auto dei futuro moscovita è autarchica.
Autarchica, ma anche malsicura e poco performante: l’auto Russa del futuro è la nostra auto degli anni ’80.
Le sanzioni stanno intaccando le possibilità dei russi più profondamente di quanto si immaginasse. Negli ultimi cento giorni di “operazione speciale” i russi sono tornati non solo socialmente, ma anche temporalmente agli anni della Guerra Fredda, in una macchina del tempo che pezzo dopo pezzo gli sta portando via i benefici della società globale.
Il futuro della motorizzazione del Cremlino: in Russia macchine euro 0 senza airbag e ABS
Per quanto attiene l’oggetto di questo articolo, ma faremo un riassunto della non rosea situazione, l’industria automobilistica attuale è un tragicomico tuffo negli anni ’80 e ’90.
Le auto del futuro Russe, almeno fino al prossimo anno, non avranno più centraline evolute e antifurto satellitare.
Tornerà la produzione autarchica, col marchio Moskvič che produrrà negli stabilimenti abbandonati dalla Renault vetture senza Airbag, senza ABS, senza neppure i pretensionatori sulle cinture di sicurezza, senza alcun controllo sulle emissioni, in un mercato ormai svuotato che rischia la colonizzazione dei produttori cinesi.
Il combinato disposto dalla carenza delle componenti elettroniche insieme con le sanzioni occidentali, stanno riportando l’industria automobilistica russa indietro agli anni ’80, con le case automobilistiche locali ora autorizzate a ignorare gli standard sulle emissioni e non più obbligate a dotare i loro veicoli di importanti kit di sicurezza come airbag, ESP, ABS o persino i pretensionatori delle cinture di sicurezza.
“Il proprietario straniero ha deciso di chiudere lo stabilimento Renault di Mosca. Questo è un loro diritto, tuttavia, non possiamo permettere che le diverse migliaia di forza lavoro forti si trovino disoccupate”, ha dichiarato il sindaco di Mosca Sergei Sobyanin come tradotto da Rai News “Pertanto, ho preso la decisione di registrare l’impianto come asset cittadino e riprendere la produzione di autovetture con lo storico marchio Moskvich”.
Vetture equivalenti alle nostre “Euro 0” del finire degli anni ’80, dalle emissioni incontrollabili e prive di quegli strumenti di sicurezza da noi considerati elementari.
Una società tornata agli anni ’80
Checché ne dicano i simpatizzanti “pro-Cremlino” la Russia ha perso molto di più che “Hamburger e Patatine” (nonostnate la chiusura di McDonald’s sia il simbolo più evidente dell’erezione di una nuova e più solida Cortina di Ferro tra due mondi diventati inconciliabili e separati).
Alcuni intermediari bancari russi hanno dovuto accelerare la dematerializzazione dei documenti, e non già per il bene dell’ambiente ma perché fisicamente non in grado di acquistare carta per gli scontrini, dato che l’indotto della carta soffre della mancanza dei prodotti chimici per il trattamento e lo sbiancamento di cellulose e carta riciclata.
L’industria tessile soffre dell’anticlimatica assenza di bottoni.
Il settore tecnologico, privato di Intel e AMD, si ritrova a inseguire alternative made in China che il produttore rifiuta di vendere e che avrebbero comunque performance grandemente inferiori rispetto ai processori “occidentali”, e tenta la carta della disperazione autarchica.
Provare a rianimare la produzione interna con chip autoctoni ed una architettura di server dei quali la cosa più gentile che si possa dire è “Almeno esistono”.
Inadatti, carenti, manchevoli, in una industria che non può neppure permettersi un facile rimodernamento perché Taiwan rifiuta di vendere alla Russia processori superiori ai 25Mhz (il “clock” di un Amiga 4000) e tutto il necessario per costruire qualsiasi cosa che superi quelle specifiche.
E questo dal punto di vista hardware: dal punto di vista software la Russia ha invocato una norma del suo codice civile che legalizza la pirateria informatica e l'”esproprio proletario” dei brevetti delle “nazioni ostili” pur di avere programmi per mandare avanti uffici ed enti.
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