Il fisco potrà controllare i conti prima di pignorare: questa la novità, che come vedremo, in fondo è una novità parziale prevista dalla bozza della legge di Bilancio.
Se parliamo di novità parziale è perché in fondo era un’evoluzione prevedibile di prassi e norme già esistenti in passato e delle evoluzioni normative che abbiamo già visto, tra cui la vera attuazione dell’accesso all’anagrafe tributaria previsto dal 2014 e solo ultimamente utilizzabile.
Insomma, il frutto di un mondo connesso e dove diventa sempre meno facile per il debitore giocare a “nascondino” coi suoi averi.
Parlando dei privati, digressione non oziosa ma necessaria, per anni se non decenni abbiamo assisito al fenomeno del creditore costretto ad una vera e propria onerosa “caccia al tesoro” procedendo a cercare di pignorare “alla cieca” conti correnti nelle banche principali della città del debitore sperando di trovare qualcosa oppure procedendo a indagini a suo carico, in ogni caso con forte aggravio di spese e rischio di rimetterci.
A questo punto semplicemente il creditore incassava “il bollo” e si piangeva il pessimo affare.
Se grazie alle meraviglie dell’era digitale il creditore può ottenere dall’Agenzia delle Entrate un elenco di beni aggredibili, conti correnti compresi, la ratio della bozza si basa sul fatto che a questo punto anche l’Agenzia delle Entrate stesse può farlo, almeno fisicamente e tecnicamente.
Cosa che peraltro in buona parte già succedeva, anzi in modo peggiore: in passato infatti l’Agenzia delle Entrate già poteva sapere se vi era un conto ancorché non se vi era disponibilità e provvedere a bloccarlo, ancorché con limiti per garantire la sussistenza del soggetto, fino al pagamento della somma dovuta.
Il vulnus a pensarci era ben maggiore: e provvedo al pignoramento diretto della somma la procedura diventa meno complicata e dolorosa.
Siamo comunque al livello di bozza: andranno sentiti i vari soggetti coinvolti tra cui il Garante Privacy allo scopo di arrivare ad una forma satisfattiva degli interessi di tutti.
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