Il falso mito della pasta scoperta da Marco Polo
Marco Polo ha scoperto molte cose nel suo viaggio in Oriente, anche se Il Milione non sempre tende a riportarle con la precisione dello storico moderno ma più con l’emozione di un diario di viaggio un po’ improvvisato ma iconico. La “pasta scoperta da Marco Polo” non è tra queste.
Il mito per cui Marco Polo avrebbe scoperto in Cina il piatto più amato dagli Italiani per fargliene dono e iniziare la leggenda è un falso mito esattamente come il mito parallelo per cui esso sarebbe stato “importato” in altri modi, se non dall’Oriente dal Medio Oriente (ancorché il secondo ha un fondo di verità al contrario del primo).
Il falso mito della pasta scoperta da Marco Polo
Il primo piatto di pasta registrato dalla storia è la “lagana” etrusca.
Enfasi su “registrato dalla storia” perché in realtà la storia della pasta è assai più probabilmente basata sullo “Stand Alone Complex”, ovvero una serie di eventi scollegati l’uno dall’altro che avvengono quasi simultaneamente col medesimo esito in base a simili circostanze.
Siamo nell’anno mille prima di Cristo, l’essere umano abbandona la vita da raccoglitore/cacciatore e il nomadismo e decide di diventare stanziale, fondando i primi villaggi e le comunità agricole.
Scopre la lavorazione dei cereali e della farina, e quindi dove scopre la farina scopre ovviamente che essa può essere lavorata. In diversi posti del mondo nasce la pasta e nel Lazio la “lagana”, un foglio di pasta tagliato a strisce e quadrati simile alla nostra lasagna.
Cicerone e Cesare erano descritti come ghiotti della lagana, parte della tradizione culinaria romana assieme a una sorta di polenta chiamata “Puls”.
Apicio nel De Re Coquinaria redatto tra il III e il IV secolo d.C. si spingerà a descrivere una serie di ricette con la lagana, proponendo ripieni a base di carne o di pesce.
Nel 1154 la famiglia della pasta si allarga, e in Sicilia viene censita la Itriyah, una pasta in forma di fili diventata la base dei vermicelli.
Gli scritti del geografo arabo Al-Idrin, redattore di una sorta di “guida turistica” suggeriscono che i “protovermicelli” fossero stati popolarizzati dalla dominazione Araba e diventati parte del turismo gastronomico locale, mentre dal ‘500 il clima del Mediterraneo consentì a Sicilia e Puglia di diventare granaio di Italia e a Toscana e Liguria di unirsi ad esse nel ruolo di pastificatrici d’Italia se non di Europa e del Mondo.
Marco Polo sostanzialmente era arrivato a pasta già cotta.
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