Ancora una volta ci ritroviamo a parlare del ddl Zan con un articolo for dummies, facile facile da comprendere seppur il testo del disegno di legge sia alla portata di tutti. Oggi, in questa vita da social, tuttavia fa tendenza travisare con dolo anche il più chiaro dei contenuti, con la distorsione dell’opinione personale del pregiudizio. Lo diciamo serenamente: il ddl Zan non impedirà a nessuno di odiare (parliamo chiaro) la comunità LGBTQ+. Metterà, piuttosto, dei paletti sulle modalità di manifestazione di questa intolleranza.
Scriviamo questo editoriale a seguito di una segnalazione. L’articolo in questione è stato pubblicato dal Messaggero il 4 maggio 2021 con il titolo: “Ddl Zan, guai annunciati per vescovi e cardinali se solo leggono il Catechismo della Chiesa”. L’incipit recita:
Altro che libertà. Per un parroco potrebbe essere sufficiente una frase tratta dal Catechismo della Chiesa cattolica per finire nei guai mentre predica in chiesa: «Gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati». Oppure ancora: gli atti omosessuali «sono contrari alla legge naturale, precludono all’atto sessuale il dono della vita. Non sono il frutto di una vera complementarità affettiva e sessuale. In nessun caso possono essere approvati».
No, non ci siamo. Dobbiamo ripartire dall’inizio e invitare alla lettura del testo del disegno di legge, unico documento che va al di là di ogni fact checking e di ogni opinione. Lo troviamo qui, leggiamolo insieme e con spirito critico, senza pregiudizio. Non c’è tempo né voglia? Va bene, troviamo una versione semplificata in questo articolo. Non c’è tempo né voglia neanche questa volta? Va bene, allora facciamo un focus sul punto che interessa la libertà di espressione che i disinformatori tanto rivendicano dimostrando di non aver compreso nulla del disegno di legge.
Sì, abbiamo riportato l’art. 4 del disegno di legge che non piace alla CEI (ci arriviamo, attendete) e lo trascriviamo di seguito:
Ai fini della presente legge, sono fatte salve la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte, purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti.
In sostanza: è consentito considerare gli omosessuali, i bisessuali, le lesbiche e i transessuali come soggetti contronatura, purché non si degeneri in atti di persecuzione, istigazioni alla violenza e atti di discriminazione (ad esempio: “non entri nel mio locale perché sei gay”). Nonostante la chiarezza del testo la CEI, Conferenza Episcopale Italiana, ha espresso perplessità sul ruolo del catechismo in questa nota pubblicata il 28 aprile 2021 e ripresa nell’articolo del Messaggero che i lettori ci hanno segnalato.
La nota della CEI riporta, nell’incipit:
“Una legge che intende combattere la discriminazione non può e non deve perseguire l’obiettivo con l’intolleranza, mettendo in questione la realtà della differenza tra uomo e donna”.
Non ci siamo, ancora una volta. Ricordiamo a tal proposito l’art. 4 del ddl Zan e ribadiamo che finché non si manifestino atti di persecuzione, discriminazione e istigazioni alla violenza chiunque può ancora sostenere le differenze tra uomo e donna e continuare a non accettare omosessuali, lesbiche, transessuali e bisessuali come soggetti con pari diritti. L’opinione è ancora tutelata, viene punita piuttosto la violenza e l’istigazione all’odio nei confronti della comunità LGBTQ+. Ancora più semplicemente: si potrà continuare a dire “i f**ci non sono normali” ma verrà punito chi dirà “uccidiamo i f**ci” e chi si macchierà di aggressioni con il movente di cui abbiamo appena parlato.
Catechismo, omelie, arringhe, tweet e slogan ci saranno ancora, purché non istighino alla violenza. L’argomento è stanco e consumato. Tutto è scritto nel testo, eppure siamo sicuri che ci ritroveremo a ribadirlo nei secoli per colpa di un pungente vittimismo mosso da chi ha fatto la scelta di non comprendere l’ovvio.
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