Precisazioni

Il datore di lavoro non può chiedere ai propri dipendenti informazioni sul proprio stato vaccinale – Chi può?

Con la pubblicazione delle nuove FAQ del Garante Privacy si è diffusa la notizia per cui il datore di lavoro non può chiedere ai propri dipendenti informazioni sul proprio stato vaccinale.

Corretto, ma non è che questo sia un “tana libera tutti” o il disincentivo vaccinale che alcune condivisioni novaxx fanno pensare.

In realtà, come sempre è stato, sempre è e sempre sarà qualcuno può chiedere ai propri dipendenti informazioni sul proprio stato vaccinale.

Il datore di lavoro non può chiedere ai propri dipendenti informazioni sul proprio stato vaccinale – Chi può?

E come sempre è stato, sempre è e sempre sarà questo qualcuno è il medico del lavoro.

Ve lo diciamo subito, perché siamo alieni ed ostili alla clickbait. Il medico del lavoro è quello che rilascia le idoneità al lavoro. Il medico del lavoro è il soggetto delegato per legge a trattare dati delicati come quelli sanitari.

Il Medico del Lavoro è, ovviamente e come tutti gli altri medici, il presidio essenziale che si pone tra il cittadino e la sua salute.

Per legge il dato sanitario è tra i dati personalissimi. Può essere trattato solo per finalità di legge e da personalità incaricate.

Abbiamo, nel nostro ordinamento, un Medico del Lavoro proprio questo.

Abbiamo i medici proprio per questo.

Ora possiamo parlare delle FAQ

Il datore di lavoro non può chiedere ai propri dipendenti informazioni sul proprio stato vaccinale – LE FAQ

Le FAQ del Garante sono, ovviamente, facilmente leggibili sul sito del Garante, su una pagina di riassunto e redirezione che guida alle FAQ generali.

E che recita:

Il datore di lavoro può chiedere ai propri dipendenti di vaccinarsi contro il Covid per accedere ai luoghi di lavoro e per svolgere determinate mansioni, ad esempio in ambito sanitario? Può chiedere al medico competente i nominativi dei dipendenti vaccinati? O chiedere conferma della vaccinazione direttamente ai lavoratori?

A queste domande ha risposto il Garante per la privacy con le Faq pubblicate sul sito www.gpdp.it. L’intento dell’Autorità è quello di fornire indicazioni utili ad imprese, enti e amministrazioni pubbliche affinché possano applicare correttamente la disciplina sulla protezione dei dati personali nel contesto  emergenziale, anche al fine di prevenire possibili trattamenti illeciti di dati personali e di evitare inutili costi di gestione o possibili effetti discriminatori.

Nelle Faq è spiegato che il datore di lavoro non può acquisire, neanche con il consenso del dipendente o tramite il medico compente, i nominativi del personale vaccinato o la copia delle certificazioni vaccinali. Ciò non è consentito dalla disciplina in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro né dalle disposizioni sull’emergenza sanitaria. Il consenso del dipendente non può costituire, in questi casi, una condizione di liceità del trattamento dei dati. Il datore di lavoro può, invece, acquisire, in base al quadro normativo vigente, i soli giudizi di idoneità alla mansione specifica redatti dal medico competente.

Il Garante ha chiarito inoltre che – in attesa di un intervento del legislatore nazionale che eventulamente imponga la vaccinazione anti Covid-19 quale condizione per lo svolgimento di determinate professioni, attività lavorative e mansioni – nei casi di esposizione diretta ad “agenti biologici” durante il lavoro, come nel contesto sanitario, si applicano le disposizioni vigenti sulle “misure speciali di protezione” previste per tali ambienti lavorativi (art. 279 del d.lgs. n. 81/2008).

Anche in questi casi, solo il medico competente, nella sua funzione di raccordo tra il sistema sanitario e il contesto lavorativo, può trattare i dati personali relativi alla vaccinazione dei dipendenti. Il datore di lavoro deve quindi limitarsi attuare, sul piano organizzativo, le misure indicate dal medico competente nei casi di giudizio di parziale o temporanea inidoneità.

Il che, attenzione, non esclude affatto la possibilità di un futuro probabile obbligo vaccinale, che al momento non c’è.

Pone però tale futuro onere sulle spalle del Medico del lavoro.

Parliamo di salute, quindi non esiste personalità migliore adatta a tali gestioni.

Come si potrebbe fare in concreto?

Le FAQ in dettaglio riportano

In tale quadro solo il medico competente, nella sua funzione di raccordo tra il sistema sanitario nazionale/locale e lo specifico contesto lavorativo e nel rispetto delle indicazioni fornite dalle autorità sanitarie anche in merito all’efficacia e all’affidabilità medico-scientifica del vaccino, può trattare i dati personali relativi alla vaccinazione dei dipendenti e, se del caso, tenerne conto in sede di valutazione dell’idoneità alla mansione specifica.

Il datore di lavoro dovrà invece limitarsi ad attuare le misure indicate dal medico competente nei casi di giudizio di parziale o temporanea inidoneità alla mansione cui è adibito il lavoratore (art. 279, 41 e 42 del d.lgs. n.81/2008).

Sostanzialmente si farà come sempre si è fatto.

Dal lato del Medico del Lavoro, il Medico del Lavoro, e solo egli, potrà avere accesso illimitato e diritto/dovere di trattamento del dato sanitario necessario alla propria funzione.

Dal lato del datore di lavoro, il datore di lavoro si ritroverà davanti una relazione del Medico del Lavoro che riporta un giudizio di idoneità o inidoneità alla mansione.

Lapalissiano è che, siccome il D.Lgs. 81/2008 non è mai stato abrogato, il lavoratore giudicato inidoneo per motivi di salute ad una determinata mansione non potrà svolgere quella mansione.

Il problema del trattamento del dato è un problema molto evidente nelle Democrazie Occidentali: laddove in sistemi meno democratici vige la teoria dell'”Uomo di vetro” per cui astrattamente tutti dovrebbero sapere di tutti, da noi non usa così.

Usa che soggetti appositamente formati conoscano di quello che serve per dare garanzie di sicurezza, salute e utilità al prossimo.

E chi più del Medico del lavoro può trattare un dato sanitario?

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