Una segnalazione inviataci via posta ci chiede di parlare del tema delle “Red Room”, chiedendo se “esistono veramente o sono creepypasta”. La risposta è quella che abbiamo dato per la leggenda metropolitana di Polybius, il “gioco della CIA che fa il lavaggio del cervello“.
Si tratta ovviamente di una leggenda metropolitana nata dalla razionalizzazione e dal tentativo di rendere “altro da noi” fenomeni che già ci sono.
Il complotto delle Red Room sostanzialmente deresponsabilizza l’utente finale da un fenomeno che abbiamo vissuto più volte in prima persona.
Ricordate quando si diffusero i video sullo stupro di Palermo e dovemmo dedicare un articolo al fatto che ci saremmo rifiutati di rispondere a chiunque ci avesse chiesto “di poter vedere anche loro il video dello stupro perché sicuramente se ne parlate lo avete ed è nostro diritto”, e anzi avremmo segnalato alle autorità competenti simili richieste?
Purtroppo fa parte della natura umana il fatto che quando si diffondono video di atti violenti e turpi, essi vengono condivisi da persone sovente tragicamente inconsapevoli delle responsabilità materiali, civili, penali o anche solo morali della loro morbosa curiosità.
Come nel 1981 di Polybius si decise di attribuire i primi casi di ludopatia da videogame che cominciavano a diventare evidenti al “complotto della CIA” per non ammettere che il genitore medio era tragicamente impreparato ad educare i suoi figli all’uso delle nuove tecnologie, il complotto delle Red Room prende il fenomeno realmente esistente dei canali Telegram e Whatsapp che diffondono contenuti violenti, pedopornografia e altri contenuti illegali e lo trasferisce nell’evanescente Dark Web.
È una forma di pensiero risarcitorio rispetto alla realtà: sarebbe tragico ammettere che stimati professionisti si scambino foto pedopornografiche sui solr cellulari, e che i nostri stessi figli, ove non controllati, potrebbero agevolmente scambiarsi video di stupri e violenze o revenge porn fatto a basso costo con foto di fidanzatine e programmi di intelligenza artificiale come Bikinioff.
Invece risulta assai più “rassicurante” prendere quel male che viviamo ogni giorno e trasbordarlo nell’Inferno Post-Moderno del Deep Web, creando la mitologia di apposite “stanze delle torture” trasmesse in streaming ai soli “Potenti e ricchi del mondo”.
Come dimostrano infatti casi come The Shoah Party i “canali dell’orrore” non sono sul Deep Web aperti solo ai potenti del mondo, ma spesso a portata su click su canali spesso di giovani “curiosi” la cui curiosità tracima nel morboso e prima che se ne rendano conto popola quei canali di orrore inconsapevoli dei rischi e delle conseguenze.
Lo stesso nome delle Red Room deriva da un film horror Giapponese omonimo, precursore del genere “horror reality” tipico dell’oriente da Kaiji the Ultimate Survivor a Squid Game passando per Dead Tube, in cui diversi personaggi si sfidano a compiere atti sempre più brutali allo scopo di ottenere danaro per sfuggire da una situazione di miseria o semplicemente per dare una svolta alla propria vita, oppure come Unfriended: Dark Web in cui un ragazzo ruba un Macbook Pro per usarlo come mezzo per fare videochiamate con la sua fidanzata non udente e scopre di averlo rubato ad una cabala di “spacciatori di video gore” (ovvero con scene di violenza) intenzionati ad incolparlo dei loro crimini ed impedirgli di denunciare l’accaduto.
I media hanno quindi creato il concetto di Red Room, che è passato al mondo dei social prima come storiella dell’orrore e poi come giustificazione dell’orrore reale che si aggira sui social, e poi è tornato ai media.
Evidenti limiti tecnici del funzionamento del Deep Web impediscono che esistano le fantomatiche “Red Room”, canali in streaming in cui vengono mostrate scene di sesso e violenza spesso create al momento.
Ma quotidianamente canali Telegram e Whatsapp diffondono vari contenuti illegali, dalla pedopornografia citata fino alla vendita di Green Pass e documenti falsi passando per contenuti legati alla c.d. Guerra Ibrida.
Le “Red Room” appaiono come giustificazione per allontanare tale orrore in un inferno virtuale come il Deep Web.
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