In un mondo che cerca di evolversi, i notutto si uniscono ai “girellari” per cercare improvvide alleanze basate sulla nostalgia: solo questo giustifica la teoria del Ciao che inquina meno della bici elettrica.
Per “girellari” ovviamente intendiamo i nativi delle generazioni X e Y, dagli anni ’60 ai ’90, che spesso amano un mondo di nostalgia basato su merendine (la Girella) e l’Ovomaltina, abbarbicati intorno a meme-fogna come Noi che andavamo in 8 in motorino senza casco e noi che giocavamo tra i rottami ferrosi arrugginiti perché il falso vaccino antitetanico è kasta e sfregiarsi coi chiodi arrugginiti è rock.
Cercare di rivendere ad un girellaro l’idea che il catorcio euro 0 che ha in garage tenuto assieme dalla vernice e dalle bestemmie sia in qualche modo superiore ad un veicolo ibrido ed elettrico solletica la sua nostalgia.
Avevamo già visto in passato un improbabile quanto ridicolo post in cui Boomers, X e Y si scagliavano contro la fascia alta degli Y (i Millennials), gli Zoomers e gli Alpha (i nati quindi dai tardi anni ’90 in poi…) accusandoli di essere la “Generazione Greta” egoista e maleducata che “pretende i computer e i climatizzatori” quando i climatizzatori eranno già diffusi negli anni ’80 e i ragazzini degli anni ’80 urlavano “Atari? Magari!” e “Amiga? Ma perché non te lo compri!?!?” ad ogni pubblicità televisiva, per non parlare del fatto che fu proprio negli anni ’80 ce si diffuse l’idea di un computer in ogni casa e scuola (perlopiù un Commodore 64 in Europa e un Apple II in America…) e/o una console di gioco.
Secondo il memino il Ciao consumava pochissimo, potevi usarlo a pedali (allora perché non comprarsi una bici, che pure esistevano?) e “inquina meno di una bici elettrica”.
Per inquadrare il meme tra le generazioni girella prenderemo ad esempio il primo modello di Ciao, quello prodotto tra il 1967 e 1987, quindi nel pieno delle Generazioni X e Y e con poche differenze rispetto al modello immediatamente successivo (che copre quindi i Millennials).
Scopriremo assieme che il Ciao consumava circa 1,5-2 litri di miscela di benzina e olio ogni 100 km. Parliamo di benzina precedente la benzina verde, quidi benzina rossa a 83 ottani.
Per chi non lo ricordasse, non parliamo di “benzina verde” solo perché “rispetta l’ambiente”, ma perché allo scopo di distinguerle quando esse erano vendute contemporaneamente la benzina addizionata al Piombo tetraetile, composto assai tossico e inquinante usato per mantenere un numero di ottani sufficientemente alto (la resistenza all’autoaccensione necessaria per evitare anomalie come il “battito in testa”) era addizionata ulteriormente con coloranti rossicci e la benzina senza piombo con coloranti verdi, fino all’abolizione della colorazione nel 2012, conseguente l’ormai duraturo divieto di vendita delle benzine con piombo.
Un Ciao quindi da solo immetteva dai 3,45 ai 4,6 kg di CO₂ ogni 100 km. Cui, ovviamente, aggiungere particolato, gli idrocarburi incombusti e la citata presenza del piombo tetraetile.
Se già con Ciclomotori Euro 2 nel 2018 fu rilevato che con il 7% del traffico chilometrico le “due ruote” avevano prodotto il 46% delle emissioni di idrocarburi incombusti e le emissioni di monossido di carbonio CO per chilometro delle “due ruote” erano state fino a 11 volte superiori a quelle medie di un’auto a benzina, e fino a 6 volte superiori nel caso degli ossidi di azoto NOx, posso solo lasciarvi immaginare il particolato, gli idrocarburi incombusti e il piombo liberati da un Ciao.
Ovviamente, tutti questi calcoli partono da un Ciao prima serie tenuto in perfetto stato: se dovessimo poi arrivare al citato meme fogna del Ciao visibilmente scassato e fumante con quattro-cinque passeggeri in bilico circense, la miscela preparata in modo imperfetto e “fai-da-te” ma male, i valori peggiorerebbero e non poco.
Come peggiorerebbero considerando non un Ciao “base”, ma un Ciao elaborato, sovente da preparatori “storici” come Malossi, Polini, Giannelli, Pinasco e Simonini ma più verosimilmente dal “cuggino che ne capisce”.
Che tutto aveva in mente tranne l’ecologia, specie a quei tempi.
Per finire, la possibilità di usare la pedalata in caso di fine di miscela e “riserva” non significava “poter pedalare col Ciao”. Chi lo dice, non ha mai “pedalato” sul Ciao o fa finta di dimenticarlo per scopi narrativi.
Al massimo potevi usare la pedalata per “aiutare” in caso di salita oppure per cercare, faticosamente, di arrivare al primo distributore con le gambe contratte dall’acido lattico.
I modelli successivi direte voi? Il primo Ciao Catalitico fu il modello Kat Euro 1 del 1999, seguito dal Kat2 del 2003, entrato fuori produzione nel 2006
Contando il 2001 come cutoff dell’era del Retro, siamo oltre il Piaggio Ciao descritto dal meme, e comunque con un’impronta ambientale più alta dei miracolosi risultati millantati per il primo esemplare.
Il presunto fattore inquinante della bici elettrica è preso di peso dalla bufala del “costo per costruire le auto elettriche”: curiosamennte gli autori dei meme rifiutano di pensare che le batterie di bici ed auto elettriche, e spesso direttamente auto e bici elettriche sono costruite di materiali riciclati e riciclabli: beneficio questo non estendibile ad un motorino pre-Euro ed alla miscela.
Il che porta ad un impatto diretto del ciclomotore elettrico di meno di 1 kg di CO₂ ogni 100 km ed una impronta ambientale ulteriormente ridotta in quanto un ciclomotore elettrico, un hoverboard o un monopattino, al pari dei RAEE, possono arrivare fino al 96% di materiali recuperati in caso di rottamazione, essendo costruiti proprio nell’ottica del riciclo.
Mentre un Ciao, “costruito nell’ottica del durare nel suo presente” no.
Preveniamo la torma dei girellari: non stiamo dicendo che i Ciao erano pessimi ciclomotori e la loro infanzia era un disgustoso inferno di cui vergognarsi, anzi.
Nonostante la stessa campagna pubblicitaria dei Ciao fosse denigratoria verso il passato, definendo gli automobilisti “guidatori delle sardomobili dai cieli di latta” (equiparando gli autoveicoli a “scatole di sardine”) non compiremo questo facile errore.
Industrie come la Piaggio, nel produrre ciclomotori e velocipedi accessibili come il Ciao e la Vespa (che però aveva prezzi molto più elevati), contribuirono non poco a rendere l’Italia del dopoguerra una nazione dove i mezzi di locomozione non fossero più lusso ma lusso accessibile e le famiglie potessero spostarsi per svago e lavoro.
Ciò non toglie che da allora la tecnologia e il progresso hanno fatto enormi passi avanti, ed è assurdo ipotizzare una impronta ambientale del Ciao inferiore a quella di una eBike.
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