Il Canone RAI su Smartphone e perché la proposta non convince

di Bufale.net Team |

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Il Canone RAI su Smartphone e perché la proposta non convince Bufale.net

Ci risiamo: ogni anno partono ipotesi sul Canone RAI. Canone RAI sì, canone RAI no, canone RAI forse. Ipotesi social, ma anche dai palazzi: quanti anni ci sono voluti per arrivare al Canone RAI in bolletta?

Il Canone RAI su Smartphone e perché la proposta non convince

Il Canone RAI su Smartphone e perché la proposta non convince

Adesso siamo a diverse ipotesi sul futuro del Canone RAI secondo il ministro dell’Economia. Una di queste, la più discussa a livello Social, vede il Canone RAI legato alle utenze Smartphone. Ma lo stesso ministro ha evidenziato delle difficoltà, e altre ve ne sono.

Il Canone RAI su Smartphone e perché la proposta non convince

Riporta infatti AGI

“Le nuove piattaforme multimediali consentono di accedere ai servizi del catalogo Rai da smartphone, pc e tablet. Qualora il presupposto di imposta fosse individuato nel possesso di una utenza telefonica mobile l’ampliamento della platea comporterebbe la revisione del costo procapite”, spiega Giorgetti. “Oggi il canone è pagato da 21 milioni di persone – aggiunge – mentre le utenze telefoniche sono circa 107 milioni. Questa ipotesi, però, richiederebbe la definizione di un tetto massimo per ogni famiglia al fine di non dover pagare più della cifra attuale”.

Tra tutte le proposte formulate infatti siamo di fronte alla meno convincente.

Questo per le ragioni già contenute nella proposta formulata: il numero di utenze di telefonia mobile è superiore al numero di fruitori. Come regolarsi ad esempio con un nucleo familiare in cui ogni persona ha un suo numero di telefonia mobile? E per gli utenti che hanno un’utenza di lavoro ed una personale, magari su un telefono dual SIM (virtuale o reale) o con due cellulari a rotazione, destinando il vecchio modello al privato e il nuovo al pubblico?

Inoltre ci sono delle riflessioni da aggiungere.

Cosa è il Canone RAI?

Il Canone RAI è una imposta sulla detenzione relativa alla detenzione di uno o più apparecchi atti o adattabili alla ricezione delle trasmissioni radio televisive

Non vi è alcun dubbio quindi sul fatto che un discrimine sul bene sottoponibile a imposizione fiscale sia la sua capacità di ricevere trasmissioni radio televisive.

Riflettiamo: scopo del Canone RadioTelevisivo è avere un flusso di cassa che consenta il mantenimento del servizio di trasmissione radiotelevisiva di cui tutti fruiscono: si ricordi che il Canone è stato pensato in tempi in cui l’idea di trasmissioni televisive crittografate era solo un sogno. Nel 1938 nessuno avrebbe mai pensato di doversi abbonare ad un servizio ed usare una scheda di decrittazione: le “onde radio” erano lì ovunque, chiunque avesse avuto una TV in casa ne avrebbe potuto fruire.

Sono arrivati poi i decoder satellitari: diverso mezzo di trasmissione, ma alla fine della fiera l’utente che usa il satellite difficilmente lo usa senza una TV, quindi con decoder, quindi ritornando prima o poi al Digitale Terrestre.

Diverso è il discorso delle app. Molte emittenti, come la RAI, hanno offerto servizi di streaming per inseguire l’onda dei transfughi di Netflix e dello streaming.

Ma se ovviamente l’imposta sulla detenzione (o tassa di possesso, dipende da chi chiedi ormai) comporta che tu detenga apparecchio atto alle trasmissioni radiotelevisive, in realtà a voler fare le pulci all’esistenza, con una app tu non possiedi assolutamente un accidente.

Il cellulare è indifferente alla fruizione: l’app ti concede accesso a determinati contenuti, sia da PC che da cellulare, quindi se proprio vuoi monetizzare, metti un paywall sull’app, non sul cellulare.

A questo punto l’imposta di detenzione sull’apparato atto a ricevere trasmissioni radiotelevisive muterebbe del tutto forma senza un mutamento giuridico intorno: non possiederesti o deterresti niente che riceva onde radio, eppure pagheresti per una fruzione di alcuni canali offerta da una app che in ogni momento può essere interrotta o meno.

Ci sono “servizi” che offrono lo streaming dell’interezza dei canali, spesso con profili di legalità incerta (i lettori usati sono del tutto legali, dubbio persiste sulla fruizione dei contenuti delle TV locali) Delle due l’una: o mi dite che l’IPTV diventa trasparentemente legale nella sua interezza, tassando quindi il possesso di “apparecchi atti a ricevere canali originariamente trasmessi in onde radio, qualunque sia il mezzo con cuoi pervengano”, o addirittura il possesso di “apparecchi atti a visualizzare audiovisivi” punto e basta, oppure affronti un lungo dibattito normativo.

 

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