La foto del bambino di Ceuta è uno degli scatti più iconici della giornata.
La storia la conoscerete tutti: la gendarmeria (Guardia Civil) e l’esercito spagnolo si sono trovati a fronteggiare un forte influsso di migranti.
Flusso si sospetta provocato da un improvviso allentamento delle misure di sicurezza dello Stato Africano, con tanto di giallo nel giallo dato da qualcosa che si avvicina parecchio ad una crisi diplomatica.
Solo per quel che riguarda questa storia però in alcuni punti la pressione migratoria si è fatta così forte da dover contemperare ai respingimenti i salvataggi, come testimoniato dalla Guardia Civil per mezzo di uno scatto diffuso per mezzo dei propri social.
Indirizzo che si prega di aprire prima di proseguire la lettura.
Per quanto metà dei migranti sia stata, secondo fonte spagnola respinta alla frontiera, il respingimento non può tradursi in una condanna a morte, portando quindi al salvataggio di soggetti come il bambino ritratto nella foto.
E fin qui, sarebbe tutto chiaro, no?
Succede che, ovviamente come accade su Internet, tutto diventa un complotto, anche la foto del bambino di Ceuta.
Si moltiplicano nella galassia del Web, specialmente nelle bolle contrarie alle immigrazioni, analisi ad occhio basate non già sulla copia presente sull’account instagram, ma su screenshot di copie ricaricate su altri siti, come ad esempio spicca Fanpage e il citato Il Messaggero.
Non c’è niente di errato nel reportage delle due testate, anzi da Fanpage scopriamo anche il nome del Gendarme che si è occupato dal salvataggio.
Quello che rileva è che in entrambi i casi la foto è stata salvata e ricaricata, se non altro perché, come faremo anche noi, per coprire il volto del minore in copertina ottemperando così alle minime cautele giornalistiche.
Ricaricata quindi in formato JPG, che come tutti sanno è un algoritmo lossy, termine inglese che significa “con perdita di dati”.
Ogni volta sostanzialmente che una foto JPG viene risalvata da un programma di grafica, cambiata di risoluzione, ricaricata su una pagina Web e “compressa” perché la pagina Web non risulti troppo “pesante” alla lettura alcuni dati vengono persi.
I dati persi si traducono, nel momento in cui la foto viene aperta, nei sintomi tipici che i nostri detective da tastiera hanno individuato: perdita di dettaglio cromatico, bordi ad alto contrasto che diventano confusi, sfumati e “alonati” con un’apparenza di “scontornato” e una serie di punti intorno ai dettagli.
L’effetto è dovuto ad una serie di fattori tecnici: perdita nella crominanza (le “istruzioni” che spiegano al computer come ricreare i colori), transizioni di intensità che vengono rese in modo approssimativo data la perdita delle informazioni dettagliate e la sottocampionatura aggressiva dei dettagli di colori.
Un esempio potete averlo caricando immagini, anche monocolore, su Facebook: uno sfondo rosso si riempirà di cubetti e artefatti.
Le foto del bambino di Ceuta arrivate sui Social da parte degli utenti “investigatori” hanno quindi almeno due punti nel loro viaggio in cui sono state fortemente degradate.
Il primo si è verificato quando sono state scaricate e ricaricate dalle testate che ne hanno parlato. Il secondo gli stessi utenti le hanno sottoposte a screenshot per ricaricarle sul loro profilo.
Possiamo anche aggiungere il fatto che molti utenti tendono, per “provare” l’assunto a fotografare col proprio cellulare le immagini già enormemente degradate scaricate da Internet.
Questo aggiunge un ulteriore tipo di distorsione, la distorsione “moire”, quando le differenze di risoluzione e aggiornamento dei pixel nella fotocamera e nei pixel nel monitor interferiscono a vicenda aggiungendo cerchi traslucidi e rotanti nella foto.
Ovviamente, la foto della Guardia Civil è legittima e reale. Eventuali doglianze potrete rivolgerle quindi a Juan Francisco, l’Agente ritratto nella foto che ha recentemente rilasciato un’intervista alla radio di proprietà della Conferenza Episcopale Spagnola.
Dopo aver vissuto una situazione che descrive come
“Abbiamo afferrato il bambino, era congelato, infreddolito, non si muoveva… È stato un po’ traumatico”. “C’erano molti padri e madri con i bambini legati come meglio potevano sulla schiena, con stoffe e vestiti “
e
“Siamo stati attenti a tutte le persone che pensavamo non sarebbero state in grado di arrivare nella zona spagnola – ha detto Juan Francisco – perché l’unica loro intenzione era arrivare nel tratto di mare spagnolo, a qualunque costo. Usavano come galleggianti giocattoli, bottiglie vuote, qualunque cosa… Alcuni indossavano giubbotti di sughero fuori misura”.
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