Siamo cresciuti con la buffa immagine del topo divoratore di formaggio, l’alimento che ancora oggi viene usato come esca da chi vuole intrappolare questi roditori. Complice l’infinita saga di Tom & Jerry e altre serie di animazione, senza escludere i fumetti, ciò ci sembra plausibile.
Dunque è vero che i topi adorano il formaggio? Come nel caso della prima colazione considerata il pasto più importante e la frase “che mangino brioche” attribuita a Maria Antonietta, anche in questo caso ci accorgiamo che abbiamo vissuto con una convinzione non corrispondente al vero.
No. Sono certamente onnivori, ma secondo Focus il loro alimento preferito sono i dolci. Questa teoria è condivisa da Megan Phifer-Rixey, biologa evoluzionista della Drexel University di Philadelphia.
Lo riporta Live Science. Phifer-Rixey sostiene che addirittura i topi – quelli domestici, specifichiamo – amerebbero particolarmente il burro di arachidi per il suo odore particolarmente forte. Attenzione, ciò non significa che i topi non amino proprio il formaggio: per i roditori domestici, piuttosto, il formaggio è un alimento come un altro.
Secondo il dottor David Holmes della Manchester Metropolitan University, quando i topi sono particolarmente affamati mangiano di tutto, ma se posti di fronte a una scelta prediligono cereali, dolci e frutta. La predilezione per il formaggio non è supportata da alcuna teoria.
Secondo l’opinione più diffusa, il mito nascerebbe dai tempi in cui il formaggio veniva conservato su scaffali aperti all’interno delle case per farlo “respirare”, per questo i proprietari delle case spesso sorprendevano i roditori con il prodotto caseario.
Ciò, come sostengono anche su Today I Found Out, non è mai stato dimostrato. Piuttosto, la leggenda metropolitana viene attribuita addirittura all’Antica Roma.
Ci spostiamo quindi nel primo secolo dopo Cristo, quando il filosofo Lucio Anneo Seneca scrisse le sue Epistole Morali a Lucilio. Destinatario di queste lettere era il governatore della Sicilia Lucilio Iuniore, un totale di 124 missive nelle quali il filosofo si interrogava sulla quotidianità evolvendo poi il testo in una riflessione filosofica.
In una di queste, più precisamente la Lettera VII del Libro V, Lucio Anneo Seneca si interrogava su un sillogismo:
“Mus è una sillaba; mus rode il formaggio, dunque una sillaba rode il formaggio“. Mettiamo che io non sia in grado di sciogliere questo nodo: quale pericolo incombe su di me per questa ignoranza? Quale danno? Senza dubbio c’è da temere che io un giorno o l’altro prenda in trappola le sillabe, oppure che, se sarò troppo distratto, un libro mangi il formaggio. Ma c’è un sillogismo ancora più sottile: “Mus è una sillaba; la sillaba non mangia il formaggio; mus, dunque, non mangia il formaggio“.
Va detto che “mus”, dal latino, corrisponde all’italiano “topo”. Potrebbe essere addirittura forzato attribuire a Lucio Anneo Seneca l’origine della leggenda metropolitana sui topi che adorano il formaggio. Per questo è opinione comune che le prime manifestazioni di tale credenza non siano individuabili.
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