Editoriale

I sanitari no-vax si vaccinano e ci ripensano: le dosi per salvare la paga

“I sanitari no-vax si vaccinano e ci ripensano: le dosi per salvare la paga”, abbiamo deciso di titolare questo editoriale.

Prendendo le misure da titoli come quello del Messaggero, arricchendolo con le dovute considerazioni.

Ma avremmo anche potuto andare sul dantesco, con un #dantedì in ritardo, e chiamarlo “Poscia, più che ‘l dolor poté ‘l digiuno”.

Perché dalla stampa nazionale, per testimonianza degli incaricati alla vaccinazione, cominciano ad arrivare alla chetichella imprevisti ripensamenti.

Riassunto delle puntate precedenti

Il problema del sanitario no-vax, che rifiuta il vaccino eppure continua a presentarsi al lavoro in struttura, ha causato nell’opinione pubblica, ma soprattutto nella deontologia, nella dottrina e nella giurisprudenza .

Dal punto di vista eticosociale, l’opinione pubblica si è chiesta dal principio come un medico, un infermiere o un operatore sociosanitario che rifiuta un presidio della scienza possa mettersi al servizio dei malati. Quelli che ricevono la salute dai presidi della scienza, appunto.

Dal punto di vista deontologico la FNOMCeO ha da subito proposto di contare la vaccinazione come un obbligo deontologico, deferendo agli albi sanzioni di rito.

Dal punto di vista dottrinario, esperti di diritto si sono concentrati sui mezzi consentiti dalla legge per evitare tale incresciosa situazione, ipotizzando scenari che potevano arrivare fino al licenziamento. Vedremo, scenari poi non concretati, ma sostituiti da altri con apparente pari facoltà dissuasiva.

Dal punto di vista della giurisprudenza, provvedimenti come l’ormai famosa ordinanza di Belluno hanno legato la vaccinazione dei sanitari no-vax all’idoneità.

Sostanzialmente, per il giudice di prime cure e basandosi su norme già esistenti il sanitario non vaccinato è per questo privo dell’idoneità fisica a lavorare a contatto coi malati, rischiando egli stesso di contrarre la malattia ancor prima di diffonderla. Motivazione questa ritenuta assistita dal “fumus boni iuris”, ovvero così fondata in diritto da consentire al giudice, con provvedimento cautelare ma immediatamente vigente quantomeno fino a sentenza o opposizione, di “approvare” l’operato della struttura che mette in ferie pagate ma “forzata” il personale no-vax perché questi non entri in contatto coi malati.

E così siamo già arrivati al Decreto Aprile.

Gli effetti del Decreto Aprile sui “sanitari no-vax”

Col Decreto Aprile, come sempre accade con le evoluzioni del diritto, il diritto ha raccolto gli input di Dottrina e Giurisprudenza.

I sanitari no-vax si vaccinano e ci ripensano: diagramma del decreto aprile

Il Decreto Aprile ha introdotto così un sistema di controllo demandato agli Ordini Professionali e ai Datori di Lavoro (di concerto con Regioni ed ASL, come potrete vedere nell’infografica o nell’articolo linkato su questa frase) che sfocia in due scenari possibili.

  1. Se vi sono mansioni disponibili idonee, anche inferiori il sanitario no-vax sarà immediatamente ad esso trasferite, conservando lo stipendio, anche se tali mansioni dovessero essere un demansionamento;
  2. Se non vi sono mansioni disponibili idonee, il sanitario no-vax sarà sospeso senza stipendio fino alla fine del piano vaccinale e non oltre il 31.12.2021

Il problema evidenziato in sede di esame del provvedimento è che, ovviamente, in un ospedale il numero di mansioni anche inferiori disponibili rischia seriamente di essere inferiore ai “sanitari no-vax” presenti.

L’essere sanitario e antivaccinista diventa una specie di gioco delle tre sedie: alla fine qualcuno resterà senza una sedia e senza uno stipendio.

Anche per questo probabilmente cominciamo a vedere delle testimonianze insperate… come ad esempio quelle del Messaggero

Miracoli dell’obbligo vaccinale: ora che rischiano la sospensione o il demansionamento, i sanitari no-vax ci hanno ripensato. E hanno iniziato a bersagliare di telefonate i centralini delle Asl, da Roma alla Liguria, all’Umbria. Tutti al grido di: metteteci in lista per la puntura. «Da tre giorni è un continuo di chiamate», racconta Simona Ursino, direttrice della Prevenzione per l’Asl Roma 4. «Da quando il decreto è stato pubblicato in gazzetta ufficiale, vogliono tutti vaccinarsi. C’è chi mi telefona addirittura sul cellulare privato: dottoressa, ho cambiato idea… Gente che due mesi fa non ne voleva sapere, nonostante i nostri appelli». Dal Lazio alla Campania, tanti distretti sanitari stanno riaprendo le prenotazioni. Per permettere a chi aveva rigettato la prima iniezione, tra gennaio e febbraio, di mettersi in pari con l’obbligo appena varato dal governo.

O di La Nazione

E proprio in queste ore nei due Ospedali di Perugia e Terni e nelle due Aziende sanitarie (dove le percentuali dei no-vaxi si aggirano intorno al 5%) è partita la corsa da parte di medici (molto pochi sono quelli rimasti) e infermieri (un po’ più numerosi) per prendere l’appuntamento.

Davanti al rischio del demansionamento, o del rischio ben più oneroso della sospensione dello stipendio, ecco che improvvisamente anche i sanitari no-vax si vaccinano e ci ripensano.

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