La corsa all’annuncio della morte di Fausto Gresini ci ricorda pagine di giornalismo che non avremmo mai voluto rivedere.
La piaga del “giornalismo preventivo”, quel genere di giornalismo che non rispetta neanche il dolore dell’agonia e della malattia.
Quel genere di giornalismo che potete vedere googlando le parole “Fausto gresini non ce l’ha fatta”. Questo
Ma andiamo con ordine.
Succede che Fausto Gresini, pilota motociclistico e dirigente/manager del Gresini Team è gravissimo in ospedale. Sappiamo tutti in quale orribile situazione ci troviamo a vivere.
Sappiamo tutti che la polmonite conseguenza di COVID19 è una bestia orribile che ti toglie il fiato dai polmoni, nonostante la negativizzazione del tampone raggiunta i primi di Febbraio. Il virus va via, le sgradite conseguenze restano.
Fausto Gresini, sappiamo è grave. Molto grave e le sue condizioni si sono aggravate.
Sarebbe il momento di farsi tutti da parte. Chi crede in Dio per dedicare una preghiera, chi non crede per dedicare un minuto di silenzio. Aspettare, pronto a esprimere il suo cordoglio in modo composto alla famiglia se le cose andranno male, unirsi al sollievo se la malattia consentirà a Gresini di salvarsi.
Ma no, conosciamo la piaga del “giornalismo preventivo”. Che unita a quella che il Santo Padre stesso ha definito una disaffezione alla ricerca delle notizie “dal vivo” e la trasformazione del giornalismo in tanti “giornali fotocopia che si informano da Internet” ci restituisce momenti che non vorremmo.
Ricordate Li Wenliang, il “medico eroe” di Wuhan? Sul letto di agonia, la stampa mondiale (e purtroppo anche italiana) anticipò di quasi 24 ore la morte del medico.
Mentre ancora lottava tra la vita e la morte, voci “sfuggite dall’ospedale” di pianto e agonia si trasformarono in vero e proprio “giornalismo preventivo”. La corsa ad annunciare un necrologio che teneva tutti col fiato sospeso a costo di farlo uscire quando il defunto era ancora morente e in lotta con la Nera Signora.
La mente corre al giornalismo preventivo descritto dall’Immortale Guareschi, nel quale veniva chiesto a Giovannino Guareschi di scrivere il necrologio di una anziana signora sulle basi di
“Ma che inventare! Tu non precisare località: figurati se stanotte in tutta Milano non sgozzano una vecchia.”
Pervenendo così al triste finale comune a questa vicenda
Ma questo sistema della cronaca preventiva non mi va giù: ai miei tempi prima si lasciava che accadesse il fatto e poi lo si raccontava, e non si permetteva che, per amor di un bel titolo, si sgozzassero le vecchie signore.
Prima si lasciava che accadesse il fatto, e poi lo si raccontava, questa è la chiave.
Ma la storia ama ripetersi: una volta come tragedia, la seconda come farsa.
Succede che, di nuovo, in Italia la stampa e la blogosfera si riempiono di necrologi di un uomo che lotta tra la vita e la morte.
Succede che un figlio affranto debba smentire.
Dolendosi di quello che (non possiamo dargli torto) definisce una gravissima mancanza di tatto.
Succede che cominciano a pervenire scuse, tra le quali quelle della Gazzetta del Mezzogiorno.
Come per i casi precedenti, non sappiamo che esiti avrà questa storia, e in un caso o nell’altro ci stringiamo assieme alla famiglia esigendo un doveroso riserbo.
Ma il giornalismo preventivo, questo no, non è giornalismo.
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