I novax terrorizzati dal Complotto agiscono sostanzialmente secondo un copione che abbiamo già visto. Quando le cose nei gruppi organizzati vanno male, scattano meccanismi di rimozione e dissociazione.
Ne sa qualcosa Ashli Babbitt, all’inizio della sua avventura eroina dei protestanti QAnon che, quando è morta in seguito alla protesta violenta al Campidoglio è stata accusata di essere una agente provocatrice posta dal governo, rinnegata e distrutta nella memoria.
È la sorte toccata allo “Sciamano di QAnon”, degradato da interprete della volontà di Q a “attore gay e pure comunista”.
Ogni volta che le cose si mettono male, chi viene punito ha sempre torto.
È una forma sostanziale di autotomia: se un arto è malato, l’organismo che vuole sopravvivere se lo amputa brutalmente staccandolo lontano.
Se in determinati gruppi vengono descritte, incitate o addirittura fomentate violenze, se qualcuno si sveglia scoprendo che Polizia, DIGOS e Copasir stanno indagando sulle attività social per Terrorismo e non si prevedono sconti, ecco che la soluzione diventa la più semplice, umana e brutale.
“Peggio per te, meglio per me”. Qualcuno deve essere buttato sotto il camion perché gli altri possano attraversare. E questo è lo psicodramma che si consuma nella galassia social.
La parola chiave è “Autotomia”: perché l’organismo sopravviva, bisogna amputare e mutilare l’organismo stesso.
Così ci arrivano segnalazioni secondo cui:
qualcuno drizza le antenne, strizza gli occhi, dubbioso: e se fosse tutto manipolato? Tutto organizzato dai Servizi segreti? E se lo scopo fosse quello di stanarli, raggrupparli e avere un pretesto per arrestarli?
E l’organismo pronto all’autotomia si ribella, con le diverse membra che combattono per decidere quale sarà amputata per prima
“Questo canale sarà probabilmente gestito dai Servizi segreti, facendo così date una scusa al governo per reprimervi e criminalizzare il dissenso. Ma come si fa a cascarci?”. E ancora: “Non andate, rischiate il carcere e la fine del movimento”. “State sbagliando”, scrive un altro, “Fate il loro gioco, non aspettano altro che farci passare per terroristi. La verità sta venendo a galla e loro avranno altro da raccontare in questo modo. Ci saranno occasioni più intelligenti per dimostrare chi siamo. La rabbia chiama prudenza”.
Insomma, come avevamo preventivato, i gesti violenti compiuti e fomentati ai danni di medici, politici e giornalisti nei giorni passati hanno ferito non lo Stato e la medicina, ma i manifestanti stessi.
Che ora sono posti davanti al dubbio ed all’autotomia.
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