I notutto leggono uno studio sulle aritmie da videogiochi e incolpano il siero
I notutto leggono uno studio sulle aritmie da videogiochi e incolpano il siero: questa potrebbe essere l’intera storia del complottismo pandemico riassunta in una frase.
Ovvero la creazione di un vero e proprio gruppo di “cacciatori di eventi avversi” pronti a incolpare l’odiato “siero” di qualsiasi cosa. Britney Spears si ammala nel 2019, prima del COVID stesso? Il vaccino tanto odiato deve aver viaggiato oltre i confini che separano il tempo e lo spazio.
Dal 2017 in tutte le città si installano defibrillatori nei luoghi pubblici per il primo soccorso?
Ovviamente il decreto Balduzzi è nato perché Soros e Pfizer vedono nel futuro e si erano tenuti larghi di tre anni per preparare il loro diabolico piano, sbattendolo però in faccia a chiunque fosse munito di pollice opponibile e/o accesso ad Internet.
Ci troviamo così ad una serie di condivisioni, partite apparentemente dalle repliche ad un post dubitativo su Twitter, che rileggono in modo alternativo uno studio sulle “aritmie da videogiochi” incolpando, ovviamente, il vaccino
La logica del colorato mondo dei notutto è la seguente: se qualcosa accade di male è colpa del vaccino (teoria frutto di una costante “programmazione neurolinguistica”, tradotto dal tecnico dal costante posting ossessivo di messaggi che associano il vaccino a tutti i mali del mondo).
Se ciò non avviene è perché i Poteri forti hanno pagato eserciti di scienziati, politici e ricercatori per dare al popolo spiegazioni alternative, dimenticandosi che con molto meno denaro si poteva ottenere il ban permanente da tutti i sociali di tutti i “ricercatori della verità” pronti a smentirli.
Ovviamente si tratta di una fake news.
I notutto leggono uno studio sulle aritmie da videogiochi e incolpano il siero
Ripartiamo dalle basi: lo studio sulle artimie da videogiochi.
Studio che parte a sua volta da una revisione sistematica, una collazione (esame congiunto di una serie di casi organizzati in un testo organico) di una serie di casi su giovani a rischio.
Sappiamo che dai tempi di Pacman il videogioco ha avuto una serie di evoluzioni. Sappiamo che esistono ormai veri propri “eSports”, che hanno prodotto anche campioni di livello elevato nel nostro Belpaese.
Il videogame/eSport è un vero e proprio sport, che ai livelli alti della competizione richiede un allenamento non meno brutale che nelle altre competizioni sportivi.
Sia che tu stia competendo in MOBA, gioco di arena a squadre che in una competizione “picchiaduro” uno contro uno, sia che tu stia competendo in uno strategico a turni (dove ognuno, come negli scacchi, ha poco tempo per decidere la mossa e la contromossa che potrebbe garantirgli il gioco vincente), ti viene richiesto di mantenere uno sforzo di concentrazione drammatico e tutto quello che non investi sulla forza fisica deve essere investito in resistenza, sia fisica che mentale.
Il cuore di un campione di eSport durante un torneo batte a circa 160-180 battiti al minuto, come quello di un atleta olimpionico nel momento del suo massimo sforzo, e spesso gli viene richiesto un allenamento non meno duro per reggere tali sforzi.
Il ragequit, il fenomeno del giocatore che abbandona la sedia con un momento di fortissima rabbia che lo porta se non a spaccare cose a inveire con livore contro il suo avversario è parte del gioco a tutti i livello della competizione.
Nel videogioco investi molto: non solo i soldi per comprarti console, cartucce, dischi ottici e gioco in consegna digitale, ma anche dosi di concentrazione da sportivo ed una forte carica emotiva.
Esattamente come negli “sport fisici” questi due elementi possono aggravare le condizioni di un cuore malato, vedi Julian Ross, negli “eSport” è palese che possa accadere lo stesso.
Evidente al livello “elevato” delle competizioni mondiali, ma anche nelle competizioni domestiche si registrano giovani che prendono la competizione sul serio: sia essa sul campetto da calcio dell’oratorio o dinanzi ad una Playstation 5 o una Switch Nintendo.
Parliamo di un dato noto da ben prima dell’inizio della pandemia.
Dato finito in mano ai novax coi risultati che abbiamo visto.
Della cosa si sono occupati anche i colleghi di Facta.
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