I dati sull’ISS sulle morti per COVID e le interpretazioni “condizionate”
I dati sull’ISS sulle morti per COVID confermano un fenomeno, quello delle interpretazioni “condizionate”. Piaga superiore alla fake news dell'”autorizzazione condizionata che non è una vera autorizzazione”. Quella smentita dalla scienza e, per ben due volte, dal diritto.
L’interpretazione “condizionale” è quella che il dottor Di Grazia, per Medbunker, ha correttamente definito una “post-verità”. Termine inventato nel periodo in cui tra MAGA e i QAnon il mercato delle “informazioni non verificate” aveva vissuto una nuova fioritura.
E i diffusori di fake news rivendicavano, e con grande orgoglio, l’idea di poter dire tutto quello che volevano, perché in ogni caso avrebbero potuto giocarsi la carta di “Ma è il concetto quello che conta” o “Se non è successo potrebbe succedere, se succederà io ho ragione retroattiva”.
In questo caso siamo dalle parti del “concetto che conta”.
I dati sull’ISS sulle morti per COVID e le interpretazioni “condizionate”
Ne abbiamo già parlato in un articolo precedente: esiste un rapporto dell’ISS che dichiara che “9 volte su dieci COVID19 non è l’unica causa delle morti”.
Un “nuovo” rapporto, si spingono alcuni a dire.
Così nuovo che nessuno ha notato che è una revisione di un precedente testo da luglio 2020.
Seriamente: avete avuto un anno di tempo e oltre per chiedere lumi, vi ricordate a ottobre 2021 di alzare il dito e dichiarare sui social cose ce abbiamo letto e riscontrato in utenti come
“L’ISS mente, arrestare e togliere tutti gli averi ai politici!”
E a chi diffonde fake news il computer non lo leviamo?
Perché ci sono stati mesi e mesi, quasi due anni per leggerlo quel rapporto.
Quindi premessa: nel 2020 (pieno delle prime due ondate pandemiche, sostanziale oscurità di una malattia che letteralmente ha avuto un nome solo da febbraio il 90% delle vittime di COVID19 morivano contraendo una malattia senza precedenti complicazioni.
A Luglio 2020 concludevamo dunque che
COVID-19 è una malattia che può rivelarsi fatale anche in assenza di concause. Non ci sono infatti concause di morte preesistenti a COVID-19 nel 28,2% dei decessi analizzati, percentuale simile nei due sessi e nelle diverse classi di età. Solo nella classe di età 0-49 anni la percentuale di decessi senza concause è più bassa, pari al 18%.
Il 71,8% dei decessi di persone positive al test SARS-CoV-2 ha almeno una concausa: il 31,3% ne ha una, il 26,8% due e il 13,7% ha tre o più concause.
Quindi un soggetto assolutamente sano, contraendo COVID19, rischiava la morte. Il 71,8% dei soggetti defunti aveva almeno una condizione di fragilità, e così via.
Gli esperti dell’Iss hanno fatto il punto sulle più comuni patologie croniche preesistenti (diagnosticate prima di contrarre l’infezione) in un campione di 7.910 pazienti ricoverati e deceduti negli ospedali di diverse Regioni. Complessivamente, 230 pazienti (2,9% del campione) non avevano patologie, 902 (11,4%) avevano una patologia, 1.424 (18%) ne avevano due e 5.354 (67,7%) tre o più. La prevalenza di cardiopatia ischemica, fibrillazione atriale, scompenso cardiaco, ictus, ipertensione arteriosa, demenza, aumentano con le età; diminuiscono, invece, con l’avanzare dell’età, i casi di epatopatia cronica, patologie per cui è necessaria la dialisi, infezione da Hiv e obesità; per diabete, Bpco (Broncopneumopatia cronica ostruttiva) e tumore si riscontra una diminuzione solo nell’ultima fascia di età in controtendenza alla generale crescita con l’età; per malattie autoimmuni, al contrario, si riscontra un aumento solo nell’ultima fascia di età in controtendenza alla diminuzione con l’età.
Ci uniamo quindi all’appello del Dottor Di Grazia: cosa vedete?
I dati vanno interpretati, non sciorinati
Non è un segreto nascosto, ma l’abbiamo detto anche noi, il problema di COVID19 non è la letalità, ma l’immonda contagiosità.
Il virus è un’entità che obbedisce ad un preciso imperativo biologico. Quello cui ogni vivente che aspiri a far sopravvivere la sua specie pone al centro di ogni sua azione: sopravvivere.
Per sopravvivere come specie, e non come entità singola, l’unico modo è riprodursi. Riprodursi incessantemente.
Un virus quindi ha bisogno per replicarsi del maggior numero di organismi compatibili, ovvero che si lascino infettare e diventare “laboratori ambulanti” per la replicazione del virus, e che sopravvivano abbastanza da andare in giro e diffondere le nuove copie.
SARS-COV-2, il virus di COVID19, non è fatale perché la malattia lo è sempre, è pericolosissimo perché lasciato senza controllo (vedi situazione del 2020) continua a replicarsi dappertutto, raggiungendo ogni angolo del globo e rischiando con ogni replicazione di creare varianti ancora più rapide.
Su questo ci siamo? Bene.
Il virus quindi continua a replicarsi: grazie ai vaccini raggiunge indubbiamente meno persone, i dati li vediamo, sono sotto gli occhi di tutti.
L’anno scorso eravamo a 16000 casi e rotti, con un incremento esponenziale che mandò buona parte dell’Italia in zona arancione e rossa, quest’anno siamo in zona bianca con poco meno di 4000 contagi, i cinema sono aperti, riprendono gli eventi e si coltiva il sogno di tornare, sia pur con passo lento, misurato e pronti a correttivi in corsa se la situazione dovesse peggiorare, al sogno di una vita normale.
Continua però a raggiungere i c.d. fragili.
Persone che, come ricorda Medbunker purtroppo muoiono senza l’aiuto della medicina, e muoiono se la loro situazione già grave si aggrava
Che diabete non significhi per forza morte glielo spiegate voi. Che ipertensione non significhi per forza morire per una malattia virale, glielo spiegate.
Che oggi tante malattie le controlliamo con i farmaci mentre il Covid ha interrotto vite, famiglie, amori e affetti glielo spiegate voi, perché a me tutto questo fa schifo.
Scusatemi ma mi amareggia.
La situazione indubbiamente da Luglio ad oggi migliora: se ci si contagia di meno, si muore di meno. Si parla addirittura di una Pandemia “diversa” tra vaccinati e non vaccinati, coi secondi esposti a rischi ben più gravi.
Ma comunque ciò non toglie che la nostra società, come tutte le società moderne, tra le sue grandi conquiste ha la possibilità per chi nei tempi passati o nelle economie emergenti sarebbe morto, di diventare un “cronico”.
Nel 1800, senza modo neppure per diagnosticarlo davvero e per misurare l’insulina che non fosse lasciar bere le proprie urine ad un medico e, se trovate “dolci”, prepararsi ad una vita breve e dolorosa, il diabete era sostanzialmente una condanna.
Oggi riusciamo a vivere vite sane, felici e senza grandi privazioni col diabete, con l’ipertensione, da cardiopatici… finché non interviene una pandemia che ci nega la possibilità di accedere alle terapie intensive o contagia i fragili.
Dire che “Il 10% dei contagiati non avevano condizioni pregresse” e poi rincarare aggiungendo che adesso solo una percentuale ribaltata, e quindi solo una “piccola percentuale non aveva condizioni pregresse” lo è non significa che il COVID19 non uccida.
Dirlo, ci porterebbe pericolosamente al Darwnisimo sociale, una china pericolosa per cui se un soggetto che altrimenti grazie ai progressi della medicina avrebbe potuto vivere una vita lunga e serena muore perché una malattia immondamente contagiosa lo raggiunge.
Contagio che avrebbe potuto essere evitato con accortezze tra cui la vaccinazione, ma che i “notutto” rifiutano di ottemperare.
Tutti ricorderanno la frase che fece molto scandalo “Non è che voglio che muoiano i miei nonni, se succede pazienza”.
Intanto il nonno, il cardiopatico, il diabetico non sarebbero morti se non fossimo nel pieno di una pandemia. Non morirebbero se, nel pieno di una pandemia, ci vaccinassimo anche per loro che sono fragili.
Esattamente come Colin Powell si era vaccinato per COVID19, ma non poteva prevedere una progressione del suo Mieloma Multiplo tale da distruggergli il sistema immunitario.
La cosa bella, o brutta, delle fragilità è che sono democratiche.
Chiunque tra voi lettori che oggi si senta “sano e vigoroso” potrebbe nel tempo scoprirsi diabetico, avere un infarto, sviluppare ipertensione, contrarre un tumore, e passare istantaneamente tra i “Forti, vigorosi e gagliardi che sopravviverebbero ad una pandemia” ai “soggetti fragili che devono pregare di non ammalarsi”.
Perché i fragili continuano a soffrire del contagio?
I dati sull’ISS sulle morti per COVID poggiano su una profonda verità: la vaccinazione funziona stimolando il sistema immunitario.
I dati li abbiamo sotto gli occhi: se hai un sistema immunitario funzionante, funziona. Ma se non lo hai?
«Le persone decedute dopo il completamento del ciclo vaccinale hanno un elevato livello di complessità clinica, significativamente superiore rispetto alle persone che non hanno potuto beneficiare dell’effetto del vaccino a causa di un contagio precoce o perché non hanno neanche iniziato il ciclo vaccinale — ha spiegato Graziano Onder, direttore del dipartimento di Malattie cardiovascolari, endocrino-metaboliche e invecchiamento dell’Iss —. È possibile ipotizzare che i pazienti molto anziani e con numerose patologie possono avere una ridotta risposta immunitaria e pertanto essere suscettibili all’infezione da Sars-CoV-2 e alle sue complicanze pur essendo stati vaccinati. Queste persone, molto fragili e con una ridotta risposta immunitaria, sono quelle che possono maggiormente beneficiare di una copertura vaccinale dell’intera popolazione».
Se non lo hai, e sei italiano, al momento mi dispiace ma sei nei guai. In guai molto grossi.
Dovrai affidarti alla copertura vaccinale delle persone che hai intorno.
Ma sei italiano, e vivi nel posto dove sui giornali è arrivata la frase “Tengo molto ai miei nonni, se muoiono pazienza”.
E capisci di essere davvero nel profondo del guaio.
Qualche tabella e le morti “derivate”
Guardiamo insieme qualche tabella
Come si vede, rispetto al periodo pre-pandemico ci sono due trend a confronto. I decessi totali salgono con ogni ondata.
Seguono, con un ordine di grandezza di molto superiore, i decessi totali del periodo passato. Nel 2020 il totale dei decessi totali (per tutte le cause) è stato il più alto mai registrato nel nostro Paese dal secondo dopoguerra: 746.146 decessi, 100.526 decessi in più rispetto alla media 2015-2019 (15,6% di eccesso).
La cosa si spiega con le comorbidità dirette, ma non solo.
Passiamo un attimo a spiegare il dato Canadese: in una piccola comunità dei tizi a caso decisero, ispirati dalle Fake News, di organizzare un COVID19 Party.
Ovvero trovare un malato e contagiarsi a vicenda a colpi di sputazzi, starnuti e contatto fisico.
Il risultato fu mandare buona parte dei partecipanti ad occupare le terapie intensive di una piccola comunità, coi medici disperati perché quel posto avrebbe potuto essere usato per un malato oncologico con visita programmata, per un cardiopatico o per la vittima di un incidente stradale.
Ogni volta che una malattia immondamente contagiosa riempie le terapie intensive, i soggetti fragili sono i primi a soffrire direttamente.
Ma anche indirettamente: la sanità non ha risorse infinite, e le risorse che potrebbero essere “liberate” accettando una vaccinazione che riduce di un ordine di grandezza ogni fattore di rischio vengono tolte a pazienti che poi ne soffriranno.
In sintesi, possiamo vedere una riduzione del contagio, e quindi delle morti nel tempo? Certo.
Possiamo apprezzare il fatto che il sano muoia più difficilmente del fragile? Certo.
Possiamo negare che il COVID19 sia un grave pericolo sociale, rischiando quindi di lasciare i fragili al loro destino? No, perché se vogliamo tanto parlare di Costituzione, la solidarietà verso i soggetti fragili è uno dei cardini della stessa.
Se il nostro servizio ti piace sostienici su PATREON o
con una donazione PAYPAL.