I BRICS: cosa sono, cosa vogliono, dove vanno
Sembra che non si possa fare un passo senza parlare dei BRICS. Cosa che richiede sapere cosa siano i BRICS. Cosa che, a sua volta, richiede che gli stessi BRICS decidano “cosa vorranno fare da grandi”. Cosa che al momento non è del tutto scontata.
Al momento abbiamo un acronimo: Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica. E abbiamo il fatto che una buona parte del mondo sembra guardare ai BRICS come il nuovo Patto di Varsavia, ovvero come un “blocco” contrapposto all’egemonia Occidentale del blocco NATO, unico rimasto dopo la guerra fredda.
Ma quello che Putin dice dei BRICS, non scevro da una certa propaganda, non è certo che sia quello che i BRICS diventeranno.
I BRICS: cosa sono, cosa vogliono, dove vanno
Quel che è certo al momento è che, come ricorda Bloomberg, attualmente i BRICS non sono la forza “Anti-Occidente” dipinta da Putin e non possiamo definirli un vero e proprio Blocco o Patto.
Cosa che postulerebbe intenti o una politica comune, cosa che secondo Jim O’Neil nel 2001 non esisteva e come vedremo stenta ad esserci anche adesso.
Al momento non possiamo che concordare con Wired: la definizione esatta è un club di economie e forme di governo profondamente diversi tra loro dove persino la forma di governo del singolo “mattoncino” e la realtà economica e geopolitica locale differisce in modo enorme
Lo scopo malcelato della Russia, dopo decenni di traccheggiamento, è imprimere una svolta e creare una forza contrapposta all’economia occidentale, magari legata al “Rublo Virtuale” e che sorregga una Russia che a seguito delle sanzioni si trova sempre più isolata dalla vita sociale, politica ed economica del mondo, con un Putin su cui pende un mandato di arresto Internazionale ed un Rublo indebolito dall’esclusione di fatto dai mercati “ufficiali”.
Scopo a cui la Cina potrebbe ben prestarsi, dato che anche la Cina sogna una presenza forte e diretta nell’economia mondiale non accontentandosi del ruolo di “Fasonista del mondo” cucitole addosso assieme all’uso derogativo di “Cineseria” come “Prodotto di sottomarca nobilitato solo dai marchi occidentali”.
Ovviamente lo farebbe alle sue condizioni, con lo Yuan al posto del Rublo e un suo ruolo in economia.
E lo farebbe con le difficoltà dovute al fatto che l’India guarda all’Occidente, come evidenziato da Sole 24 Ore e sembra poco incline ad alienarsi un mercato come la scelta radicale di Putin chiederebbe.
Con Arabia Saudita, Iran, Argentina, Egitto, Emirati Arabi ed Etiopia in ingresso e altri 22 stati in richiesta, tra cui Palestina, Venezuela e Bielorussia, avremmo inoltre uno scenario in cui un’alleanza di paesi diversissimi tra loro cercherebbe di imbarcare paesi ancora più diversi tra loro, astrattamente uniti solo da un disprezzo Occidentale ancora tutto da vedersi.
Disprezzo che potrebbe diventare diffidenza interna, con partner iniziali come Brasile e Sudafrica restii a “diluire” la loro leva contrattuale e India e Cina pronti a giocare a tavoli in cui, semplicemente, la Russia non è più ammessa e dove Brasile ed India guardano con attenzione ad una Cina sia alleata che rivale.
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