Persone alle quali il tuo “CONDIVIDI” ha rovinato la vita
Cosa deve fare un buon articolista, quando ha a che fare con l’informazione? Riportare i fatti, si dice, con il corredo del tanto vilipeso motto del “senza opinioni personali”. Giusto, perché parliamo delle basi dell’informazione.
Ma non in questo editoriale.
Siete voi, voi e il vostro abuso dello strumento Condividi, tanto caro a voi quanto ai vostri piccoli, insignificanti dei del web. Quelli che diffondono bufale – vocabolo di cui ignorate il significato – e vi chiedono di condividere. Voi obbedite, passivi. Bravi, non contate fino a 10, mentre state rovinando la vita di una persona. Che vi importa? Non si sa mai, dite voi. Quando accade a voi, però, piangete.
Vi riempite la bacheca di segnalazioni di hacker inesistenti, con tanto di nome e cognome del malcapitato di turno, che ha la sfortuna di stare sul cavolo a qualcuno dei vostri contatti, al contatto del vostro contatto, al cuggino, alla zia di vostra madre, e chi più ne ha più ne metta. Perché lo fate? Perché obbedite al niente.
Abbiamo un archivio gravido di false segnalazioni di altrettanto falsi hacker (clicca qui per controllare, ma fallo, per Dio) e oggi torniamo, ancora una volta, sul vostro disagio che vi porta a condividere l’ennesima versione della bufala su L. Cilli, di cui ci eravamo occupati il 16 marzo, e che il diretto interessato aveva provveduto a smentire. I fatti dimostrano che nemmeno la fonte ufficiale – Cilli, in questo caso – serve a mettere del sale nella vostra zucca vuota. Continuate a ignorare, tra l’altro, che Facebook non è la vostra latrina nella quale diffondete deiezioni e miasmi senza che vi veda qualcuno. No. Ciò che scrivete, qualsiasi cosa, ha delle conseguenze anche legali (leggi la nostra guida utile, invece di passare oltre). Voi seguitate a rispondere: «Condivido, non si sa mai», ma quante strafaggio di volte dovremmo ripetervi che non funziona così? Ancora, insistete nel dire: «Che c’è di male?», anziché collocare le vostre falangi nell’orifizio destinato alla defecatio. Siete sempre responsabili di ciò che fuoriesce dalla vostra bacheca. Capitelo, ripetetevelo, ditelo ai vostri figli, alle vostre nonne, a vostra zia, vostro cugino, il vostro vicino e a vostra sorella, anche se ascoltano Alessandra Amoroso.
Dovete.
Capirlo.
Tutti.
Oggi vi odiamo tutti, e sappiamo che non vi piace. Ora sapete come ci si sente, quando si è oggetto di odio gratuito, anche quando fate gli struzzi. Non nascondetevi, stolti. Uscite fuori, tirate fuori la testa dalla sabbia e dite “Ho sbagliato”. Chiedete scusa al mondo, fatelo. Distruttori di vite. Condivisori compulsivi, vergognatevi. Fatelo, per una volta. Perché il mondo vero non ha tempo di dedicarsi a voi, anime prave. Avevamo provato a catechizzarvi con un nostro editoriale del 16 giugno, con un esempio:
Ricordate quindi, la prossima volta che direte che “condividere non costa niente”, che due persone hanno avuto la loro vita rovinata per sempre, e due persone sono state sommariamente uccise in una strada buia in una calda notte estiva.
Di che parlavamo? Ribadiamo, con fonte Agi (non esattamente vostro cuggino):
Washington – E’ entrato in una pizzeria affollata di famiglie, armato di un arsenale, e ha aperto il fuoco. Solo un miracolo ha impedito che si trasformasse nell’ennesima strage all’americana: nessuno è rimasto ferito. La colpa dei titolari? Essere coinvolti in una rete mondiale di pedofili che farebbe capo a Hillary Clinton e a John Podesta. Ma era tutto falso: una bufala nata e cresciuta su Internet che poteva sfociare in un massacro. La polizia ha fermato il 28enne Edgar M. Welch di Salisbury, North Carolina, sequestrandogli tre armi da fuoco, compreso un fucile d’assalto. Interrogato, il giovane ha spiegato che voleva fare un’indagine personale per verificare le accuse.
Siete stati anche voi. Lo fate ogni giorno, ma non lo sapete.
Ricordatevi di Alfredo Mascheroni e di come i vostri condividi hanno reso la sua vita.
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