DISINFORMAZIONE Il prete telefonista dei clandestini beccato con 2Kg di Hashish – bufale.net
Ci sono molti per manipolare una notizia: ad esempio confondendo le coordinate spaziotemporali in un atroce guazzabuglio in tutto quello che rimane è un titolo indinniato ed indinniante, come ben sa Voxnews che è riuscito nella rara impresa di fare debunking di un suo stesso articolo su Don Zerai
Articolo: parola grossa. Un centone di vari post Facebook e precedenti “articoli” su Mussie Yosef Zerai conditi dell’accusa più infamante
Ma don Zerai era noto già da anni alla giustizia italiana. Prima di farsi prete – qualcuno direbbe che ha riparato dietro la tonaca – era finito in carcere a Roma: “condannato a due anni di reclusione”, con rito abbreviato e quindi sconto di pena, per concorso in detenzione ai fini di spaccio di droga.
Non robetta: 2,2 chilogrammi di hasish. Valore attuale circa 50mila euro.
Ora, al di là di don Zerai, che sicuramente si è redento. Mettiamo che voi siate una organizzazione internazionale africana dedita allo spaccio: il vostro obiettivo è portare più spacciatori possibili in Europa per fare concorrenza alle altre mafie africane. Per farlo, potreste decidere di piazzare un vostro uomo dove è intoccabile e camuffare il traffico come ‘accoglienza’.
Immaginiamo che l’atto di accusa scagliato contro don Zerai sia andato così:
Quindi il nostro amico della verità ha visto don Zerai in Piazza Aspromonte comprando quattrocentomila lire di cocaina ha scoperto che Don Zerai sarebbe stato condannato per concorso in detenzione ai fini di spaccio di droga.
Mentre aspettiamo che Marisa e Colombo prendano i numeri di telefono, clicchiamo sul bottone del Fact Checking, e troviamo questo
Prima di farsi prete è finito in carcere a Roma nel 1994 e “condannato a due anni di reclusione”, con rito abbreviato, per concorso in detenzione ai fini di spaccio di 2,2 chilogrammi di hasish. La faccenda della droga non è mai stata citata nelle biografie di Zerai, che pure avrebbe potuto giocare la carta della redenzione con l’abito talare.
Scaltramente, Voxnews ha deciso di cancellare ogni riferimento alla data, scavando in una vicenda di oltre vent’anni fa.
Peraltro, relativa ad un concorso in detenzione, cosa diversa dall’essere uno spacciatore come capziosamente insinuato nell’articolo.
Si applica il concorso in detenzione infatti
“sono concorrenti nella detenzione e nello spaccio di stupefacenti sia colui che pone in contatto l’acquirente col fornitore, concordando prezzo e modalità della cessione e accompagnando il fornitore nel luogo convenuto, sia quest’ultimo che materialmente procede alla consegna della droga. Ambedue apportano con la rispettiva condotta un contributo causale alla realizzazione dell’evento criminoso, essendo ciascuno consapevole della partecipazione dell’altro per il conseguimento dell’identico risultato voluto da entrambi”
Cassazione penale, sez. I, 21 gennaio 1981 Browning Cass. pen. 1982, 1435 (s.m.)
Basta quindi accompagnare lo spacciatore sul luogo di commissione del delitto per entrare in concorso con esso, una volta provata la consapevolezza della sua presenza per tale scopo, senza scomodare l’applicazione della qualifica di spacciatore a sua volta.
Finezze semantiche, direte voi: ma il bello è che l’accusa è ancora da provarsi, in quanto
Contattato dai giornalisti de La Verità, padre Zerai ha negato di essere lui la persona condannata. Quindi si è reso irrintracciabile. A lasciare il beneficio del dubbio, un’incongruenza nei documenti citati dal quotidiano. «Ci sono impressi il numero del registro generale delle notizie di reato (il fascicolo di Zerai è il 6939 del 1994) e quello del registro dell’ufficio del gip (7307/94)». La data di nascita di Zerai è diversa: (in un atto risulta nato il 26 febbraio 1975) in un altro il 25 giugno 1975. Padre Zerai è nato nel 1975, quindi l’anno di nascita corrisponde. Forse un caso di omonimia? Al momento, il silenzio e l’irreperibilità del sacerdote eritreo non aiutano a fare luce sull’imbarazzante vicenda.
Logica e semplice amore della verità avrebbero imposto di attendere conferma prima di lanciare lo scoop. Scoop peraltro relativo, dato che tratterebbe di un errore di gioventù ampiamente pagato e che non consente di dichiarare che, oggi, Don Zerai sarebbe “uno spacciatore”.
E che peraltro, qualora le incongruenze nel fascicolo provassero un caso di omonimia, renderebbero lo scoop un perfetto “non scoop” e ci porterebbero a declassare il tag applicato da disinformazione a bufala.
Più volte noi stessi abbiamo preferito “rimandare” un articolo di cui non eravamo certi preferendo perdere dei click ed avere un vero e proprio pubblico di assatanati in stile Siamo laggente e vogliamo sapere! piuttosto che tirare fuori un pezzo incompleto, non ancora maturo per la pubblicazione e lesivo per la dignità dei coinvolti e per l’amore del vero.
Non tutti però sono bufale.net: e di questo ci dispiace un po’.
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