La risposta breve è no. Chi dubita della donazione d’organi adducendo i più improbabili complottoni o teorie secondo cui “si toglierebbero gli organi ai viventi” raffigura la peggiore e più riprovevole forma di complottismo del pianeta.
Quella definibile come stupidità: un atto che danneggia il prossimo senza peraltro comportare alcun vantaggio per se stessi.
L’idea alla base di tutte queste teorie del complotto è una mefitica confusione tra morte cerebrale e stato vegetativo, attinta da un complottismo evidente.
La differenza è purtroppo evidente: mentre nello stato vegetativo continua ad esistere una se pur lieve attività cerebrale, la morte cerebrale, come suggerisce la parola stessa, comporta la cessazione irreversibile di ogni funzione.
Come riportano diversi testi sulla disinformazioner
“Purtroppo si continua a confondere la condizione di stato vegetativo con la morte cerebrale. In quest’ultimo caso la corteccia cerebrale smette di funzionare in modo “irreversibile”. Il soggetto viene mantenuto in vita con il supporto respiratorio artificiale. Per questo motivo, in questa condizione è possibile donare organi e salvare/migliorare la vita di diverse persone.
La condizione di stato vegetativo è, invece, una condizione di ” coma ad occhi aperti” dove non ci sono segni di contatto con l’ambiente pur essendo possibili movimenti e percezioni. In questo caso la corteccia funziona, seppur in modo alterato. Dallo stato vegetativo si può migliorare, questa condizione è spesso il momento di passaggio dal coma al cosiddetto “risveglio”. L’errata informazione che i giornalisti continuano a fornire è tanto più grave in quanto scoraggia la donazione degli organi instillando nei lettori l’idea che dalla morte cerebrale si può “resuscitare”.”
Molte teorie del complotto parlano di pazienti “vivi ma paralizzati” e di medici pronti a nascondere il loro dolore per impedire una miracolosa resurrezione. Ma questo è un falso.
Quando il cervello smette di funzionare, semplicemente cessa di esserci vita e coscienza. Resta solo un pezzo di carne le cui funzioni corporee vengono proseguite da macchinari.
Sostanzialmente non esiste resurrezione miracolosa, non esiste ritorno dalla morte cerebrale.
Lo stato di un individuo affetto da morte cerebrale comporta la cessazione di ogni attività cosciente, totale ed irreversibile: si possono avere casi in cui il cuore possa continuare a battere.
La situazione è perfettamente spiegata da una serie di slides in questo articolo collegae, tratte dal Corso La «MORTE ENCEFALICA», di Pier Paolo Donadio Imola, 12 aprile 2016 PPD 2016.
Sostanzialmente e riassumendo in modo semplificato, esiste uno stretto rapporto tra cervello, cuore e polmoni.
In condizioni ordinarie il cervello ha bisogno di sangue ricco di nutrienti e di ossigeno per vivere.
Il sangue glielo pompa il cuore, l’ossigeno ce lo mettono i polmoni.
Il cervello si procura l’ossigeno “ordinando” ai polmoni di continuare a respirare, ma non ha bisogno di dare “ordini diretti” al cuore. Il cuore continua a battere finché gli passa sangue ossigenato dentro, grazie all’attività del nodo senoatriale, il c.d. pacemaker naturale.
Quando infatti il nodo senoatriale smette di funzionare come si deve, un essere umano può subire l’impianto di un pacemaker artificiale e vivere felice per diversi anni, una vita intera, con una “scatoletta” che dice al cuore come deve battere pompando sangue ben ossigenato in tutto il suo corpo e tenendo quindi vivi e in salute tutti i suoi organi.
Succede quindi questo scenario
Si evidenzia che il cuore ha bisogno, per continuare a pompare nutrienti nel corpo e tenere ogni organo in perfetto funzionamento di sangue ben ossigenato e ricco di nutrienti, ed è perfettamente in grado di continuare a farlo anche in un corpo ormai morto, dove il cervello ha smesso di funzionare.
E come fa a farlo?
Lo fa perché grazie alle meraviglie della scienza moderna, una volta accertata la morte cerebrale, in presenza di un donatore di organi, subentra la medicina che fornisce ai polmoni (mediante un ventilatore meccanico) gli strumenti per continuare a funzionare, surrogandosi al cervello e dandogli “l’ordine di continuare a respirare” ed il cuore per questo “non si accorge” di essere in un corpo morto e finché gli arriva sangue ricco di nutrienti (forniti da una flebo) e ossigeno (fornito dai polmoni artatamente forzati a funzionare ancora) continua a fare il suo lavoro.
Semplicemente, staccando quel ventilatore, il cuore continuerebbe a battere fino ad aver portato ogni stilla di ossigeno e nutrienti in giro per il corpo, poi, all’improvviso, avendo finito ogni risorsa si fermerebbe non avendo più esso stesso il materiale per funzionare.
Ricorderete l’immagine metaforica in opere educative per bambini come Esplorando il Corpo Umano o Cell at Work!, serie animate in cui i Globuli Rossi sono raffigurati rispettivamente da buffi omini colorati con un marsupio pieno di bollicine di ossigeno o graziose signorinelle che si trascinano dietro scatoloni di bombole di ossigeno, ed i nutrienti vengono raffigurati da zuccheriere o caramelle, goccioline d’acqua e pinatas con braccine e gambine pronte a rilasciare i loro elementi essenziali, o fattorini con scatoloni pieni di combustibile.
Finché agli organi arrivano sangue e nutrienti, essi continuano a funzionare: in Esplorando il Corpo Umano e Cell at Work! ciò viene raffigurato da dei manovali che gettano nella fornace gli elementi graziosamente forniti dai bizzarri esserini o dalle signorinelle che passano a consegnarli.
E poco importa agli “immaginari manovali” se nel cervello ci sia ancora l’Omino Barbuto di Esplorando il Corpo Umano che dà gli ordini ai neuroni, oppure l’Omino Barbuto sia ormai un decomposto cadavere in un edificio in rovina circondato da neuroni ormai moribondi: senza farsi alcuna domanda, finché il cuore pompa e gli manda nutrienti, fanno funzionare gli organi.
E finché i polmoni vengono “costretti” a funzionare artificialmente, il cuore non cesserà mai di battere, e gli organi continueranno ad essere tenuti in vita.
Quindi, eviteremo di dover trapiantare organi ormai in stato di decomposizione.
Ma il donatore, a quel punto, è bello che morto
Una rondine non fa primavera.
Se io vi dicessi che esistono uomini sopravvissuti al crollo di un palazzo, voi andreste a lanciarvi da un palazzo per provare?
Come ci ricordano i colleghi di BUTAC, i casi citati sono borderline: donatori che hanno dato il consenso, tutti pensavano non ce l’avrebbero fatta ed era imminente la morte cerebrale, invece ce l’hanno fatta, sono tornati a casa.
Sarebbe bellissimo se ogni moribondo potesse tornare a casa risanato, e, a volte, avviene. A volte schivi quella pallottola: a volte no.
Ha senso per questo diventare egoisti urlatori di teorie antiscientifiche come I donatori di organi sono vivi quando i loro organi vengono prelevati! per giustificare il proprio egoismo?
Non sarebbe meglio fare come il Paolo Bitta di Camera Cafè, che, onestamente ancorché assurdamente, asserisce che non donerà mai gli organi nella segreta speranza che i marziani lo vogliano resuscitare e per non farli trovare in difficoltà dicendo di aver dato i reni a qualcun altro?
Sapete in cosa è dannatamente bravo un anestetista? Nel tenere in vita un paziente in profondo stato di sedazione, esaminando tutti i processi “automatici” che un cervello sano esegue per mantenere l’attività che abbiamo descritto prima.
Come ricorda l’anestetista citato nel linkato articolo, proprio la professionalità medica di chi per tutta la vita ha studiato quei procedimenti, è in grado di replicarli col minimo errore continuando a far entrare ossigeno in quei polmoni, quindi facendo battere quel cuore, anche quando il cervello non è più presente per farlo.
Per replicare qualcosa, devi conoscere quel qualcosa: l’anestestista non è solo colui che ti addormenta, ma è anche colui che dedica la vita a studiare quello che tiene in vita i tuoi organi quando sei sveglio e quando dormi, e, talora, viene chiamato a mantenere in ottimo stato gli organi di un morto che in vita aveva desiderato poterli donare.
Ovviamente quindi nessun anestetista presente somministerà anestetici a qualcuno che, essendo tecnicamente un cadavere, non sente assolutamente niente.
Tranne ovviamente i farmaci necessari ad impedire spasmi e altri movimenti involontari possibili ad attività cerebrale assente, come vedremo.
Ma questo non comporta che sia lì per somministrare misteriosi “paralizzanti” per strappare gli organi ad un vivo: vi abbiamo detto che la morte cerebrale è morte, e spiegato come i macchinari tengono gli organi vitali in un corpo morto: è lì per assicurarsi che il complesso meccanismo descritto funzioni senza intoppi, dato che non c’è più un cervello ad occuparsene da solo.
E di questo percorso possono far parte analgesia e curarizzazione, la cosiddetta “paralisi”. Ma di certo non perché il paziente sia vivo: come abbiamo detto, non lo è.
Il problema che abbiamo evidenziato è che a quel punto non c’è più un cervello, ma c’è attività indotta del cuore (nei modi che abbiamo detto), e sia gli organi che i muscoli continuano a ricevere nutrienti.
Torniamo alla metafora di Esplorando il Corpo Umano: nelle “fornaci” ci sono ancora degli omini che scaricano pinatas, caramelle e sacchetti di zucchero negli altoforni di organi e muscoli, ma non c’è più il “Maestro” che dica a quegli omini come agire, dato che il “Maestro” è morto ed il suo cadavere giace in un “Centro di Comando” distrutto.
Quindi, i muscoli mantengono comunque un tono e tagliati dal bisturi possono avere movimenti inconsulti: non più latori di vita di quanto lo fossero gli esperimenti di Galvani che somministrava scossette elettriche alle rane morte per farne muovere il cadavere.
Non vi è niente di sordido, niente di ripugnante nel donare gli organi.
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